mercoledì 16 febbraio 2011

Sick and tired and far from home


Mi sono ammalata. E dibbrutto, anche.
Non starò certo a raccontare nei dettagli cosa mi è capitato, ma diciamo che ho avuto una brutta influenza con un po’ di complicazioni.
Il motivo per cui ne sto scrivendo è che ho toccato con mano il sistema sanitario americano, l’ho toccato abbondantemente per non farmi mancare niente in questa esperienza d’oltreoceano!

La prima volta, sabato, avevo bisogno di vedere un medico. Dopo aver contattato la mia compagnia di assicurazione, ho scoperto che l’unico modo era andare al pronto soccorso di un ospedale qui a Brooklyn. Ho provato l’ebbrezza di chiamare prima l’ospedale – parlando per mezz’ora con una che mi prendeva per il culo perché le chiedevo di ripetere le parole che si era appena mangiata – poi l’ambulanza, perché ero troppo debole per andare in taxi o in qualsiasi altro modo. Poi ho parlato con la mia coinquilina che m’ha fatto venire l’ansia dicendo che un viaggio in ambulanza costa sui 5000$, come se non fossi già abbastanza sconvolta dal fatto che stavo male e che stavo per andare al pronto soccorso in un luogo sconosciuto lontano mille miglia da casa. Bene.
Quelli dell’ambulanza, che è arrivata in frettissima fra parentesi, mi hanno rassicurato: mannò, il trasporto costa solo 500/600$! Fiuuuu che sollievo… o.O
Va bè. Alla fine sono andata con questi due vigili del fuoco giganti gentili, che mi hanno accompagnato al pronto soccorso.
Non dico che fosse l’inferno, ma il purgatorio sì però.
Non tanto perché fosse sabato sera, e si sa che di sabato sera c’è sempre movimento, ma più che altro per: struttura, fauna e personale.
Struttura: avete presente un qualsiasi ER visto in un qualsiasi film o telefilm? Ecco, esistono veramente! Un corridoio con tanti letti uno di fianco all’altro, separati da tendine che vengono tenute praticamente sempre aperte… privacy pari a zero, e se il tuo vicino di letto ha la peste bubbonica te la prendi anche te in cinque minuti. Metto in questo punto anche il trauma di doversi cambiare in un bagno lercio per mettersi quelle “meravigliose” vestaglie di carta che ti permetteranno di congelarti per le successive 12 ore. Aggiungo, per non farsi mancare niente, che il lenzuolo che mi hanno dato per coprirmi aveva un pezzo di garza appallottolata attaccato sopra col cerotto. Lavato bene, mi hanno detto. Non pensiamoci che è meglio!
Fauna: il 50% era composto di individui vomitanti, febbricitanti e company. Il 30% erano senza tetto ubriachi che urlavano come dei pazzi prima di addormentarsi di sasso sul loro letto. Il 20% erano persone con al seguito agenti di polizia, che venivano ammanettate ai letti e avevano le catene ai piedi. Non commento neanche, diciamo che ero un po’ allibita, non è proprio un posticino piacevole dove passare il sabato sera (scusa Ilaria!).
Personale: ci fosse uno, uno soltanto che mentre trafficava con aghi e robe varie mi abbia per lo meno detto “Salve, mi chiamo Pierfausto, sono il tuo infermiere, ti sto facendo la tal cosa”. No no: arrivavano lì, smanettavano, e se non avessi chiesto io cosa mi stessero mettendo nel sacco della flebo loro di sicuro non me lo avrebbero fatto sapere. Poi leeeeeeeeeeenti ma leeeeeeeeeeenti che più lenti non si può! Prima che un medico mi vedesse son passate quattro ore, e la visita poi è durata quei 10 secondi che sicuramente tolgono ogni dubbio.
Insomma, alla fine della fiera mi hanno rispedito fuori alle 6.30 di domenica mattina, dopo 12 ore di flebo e dei raggi all’addome. Ero debolina come un fuscello, e avevo talmente tanta fame che non stavo in piedi (ovviamente ho chiesto se avessero del cibo ma no, non ce n’era più).
Ah, fra l’altro le medicine che mi hanno prescritto costano la bellezza di 180$... ammazza!!!

Vabbè, esperienza numero uno conclusa!

L’esperienza numero due l’ho fatta nel pronto soccorso di un altro ospedale, molto più figo, l’NYU Langone Medical Center. Per fortuna l’angelo che mi ha accompagnato sapeva che cambiare aria sarebbe stata una scelta migliore… e così abbiamo fatto.
Appena arrivata, ho scoperto che la sola accettazione al pronto soccorso di quell’ospedale sarebbe costata 1200$... ho benedetto l’assicurazione, e poi ho pensato che gli Stati Uniti non sono proprio il luogo adatto dove stare male, se non sei ricco!
La cosa che ho notato subito in questo posto, a differenza del primo, è stata la gentilezza del personale: intanto, tutti si presentavano non appena iniziavano ad interagire con me, e poi ad esempio le infermiere erano quasi materne, una mi ha abbracciato chiedendomi come mai fossi lì, l’altra mi ha chiesto ogni volta se avessi tutto quello di cui avevo bisogno… in più ho scoperto l’esistenza di figure per noi impensabili, come una ragazza il cui compito è quello di assicurarsi che nessuno si approfitti di te durante l’attesa. Per non parlare di tutti i volontari che ti chiedono se hai bisogno di qualcosa, e dei medici che se vedono che sei lì ad aspettare da più di un tot, ti si avvicinano e ti fanno una visitina veloce su due piedi, così per riempire un po’ il tempo. Alle pareti c’erano schermi LCD con l’elenco dei pazienti ed una serie di codici che identificavano lo status, il medico e l’infermiera di riferimento, e tutto ciò che era in movimento per ognuno. La vestaglietta che mi hanno fatto indossare era di stoffa e si chiudeva su un fianco (alleluia), e il bagno era persino pulito. Ad un certo punto, mentre ero sulla barella, è arrivato un qualche angelo che mi ha coperto con un panno caldo… garantisco che in quella situazione è stato un momento di puro godimento. Poi ho avuto modo di congelarmi, più tardi, ma va bè nessuno è perfetto.
Le visite che mi hanno fatto qua le definirei decisamente approfondite, e sinceramente non oso immaginare quanto siano costate! Fra l’altro, a parte le radiologhe che erano donne di mezza età, per il resto tutti i medici che mi sono ronzati intorno erano giovanissimi, molti credo non fossero nemmeno trentenni! Che bello vedere tutta quella gioventù iper attiva e così competente! :)
Fra l’altro vorrei dire a tutte le giovini donzelle in cerca di marito – me compresa – che in quell’ospedale secondo me si può trovare senza troppa fatica! Baldi e giovini dottori che scorrazzano a destra e a manca… l’importante è non andarci in veste di paziente, perché probabilmente in quei casi non si appare proprio al top delle proprie possibilità. Ma se siete a New York e qualche vostro amico si sente male, suggeritegli il pronto soccorso dell’NYU ed accompagnatelo! :D
Della serie “cerchiamo sempre di trovare il lato positivo”…

Insomma, per concludere tutto ciò vorrei dire che:
-         Ammalarsi seriamente negli Stati Uniti è un’impresa, quindi siate sempre sani, mi raccomando. E se siete di salute cagionevole, non venite a vivere qua.
-         Stare male lontano da casa, e lontano dalle cure della mamma, fa proprio schifissimo. Mi ci vorrà un po’ per superare il trauma…
-         Quando sei lì fermo nel letto e non riesci a dormire, ti metti a pensare e pensare e pensare. Una volta ho letto una frase che mi è piaciuta, diceva qualcosa tipo: “Per sapere dov’è il tuo cuore, guarda dove va la tua mente quando la lasci vagare”.  Ecco, in quella marea di pensieri, che andavano a parare sempre negli stessi angolini, ho avuto la conferma di dov’è il mio cuore… poi la sofferenza fisica mi ha dato il coraggio di dirlo chiaramente a me stessa e “agli angolini”… e ne sono felice!

Ora però basta star male, vorrei ripigliarmi e andare a mangiare un hamburger da Dumont... grazie!

5 commenti:

  1. Ecco, fatta l'esperienza direi che siamo a posto, non e' vero? E speriamo che il massimale della polizza sia sufficientemente capiente! Scherz. Bac bac

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  2. Spero che tu ti rimetta prestissimo Ari!!! Ti mando un abbraccio, e un bacio. Ely

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  3. Oh Patatina-Patatina....mi hai commosso!
    Sempre con te, t abbraccio forte forte! <3 <3 <3
    Ely

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  4. prova a immaginare me, dall'altra parte dell'oceano, con un pezzo di me che urlava aiuto e nessuna possibilità di correre là per risolvere problemi, inoltre COGLIONACOGLIONACOGLIONA!!!!! neppure il passaporto pronto!! meno male che gli anceli esistono, grazie ai due angeli che Edy ha chiamato dal paradiso, credo che con tutti pensieri positivi che gli mando staranno per smepre in salute!!! momy

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  5. Ciao Ary, questa è stata una vera e propria prova di forza e di coraggio. Speriamo ti rimetta presto in sesto.
    Un ringranziamento agli Amici Italiani che ti hanno aiutata e che in terra straniera hanno espresso tutte le migliori azioni e sentimenti che si possa immaginare dall'essere umano.
    Continua a scrivere perchè questo ti fa sentire vicina a noi comuni mortali...
    Uncle Albert & Granfather Hanry

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