sabato 15 ottobre 2011

Updates... again!

E' una vita che non scrivo su questo blog... Sono tornata da NY da più di sei mesi, non avrebbe senso - effettivamente - continuare ad affacciarmi in questo spazio che avevo creato apposta per raccontare la mia avventura.

Un anno fa, ero là a godermi l'inizio dell'autunno newyorkese... proprio in questi giorni, sono per la prima volta a Coney Island e me ne sono innamorata. Se cercate bene, su una delle panchine della boardwalk, davanti alla ruota panoramica, c'è ancora un pezzetto del mio cuore.

E' passato quasi un anno anche da quando ho conosciuto di persona le menti che stanno dietro a NUOK, e sto scrivendo questo post proprio per un legame con quel bel sito, che tuttora ovviamente seguo con curiosità!
Vi avevo già raccontato che avrei iniziato a scrivere per loro articoli sulla mia città, Ravenna, ed ora sono qui per linkarvi la pagina in cui potete trovarli tutti:
eccola qua ! :)
Spero che vi piacciano, che possano tornarvi utili, che vi invoglino a venirmi a trovare... chissà.

E intanto vi avviso: stay tuned, perchè ho grandi progetti per il futuro, che coinvolgono l'inaugurazione di un nuovo blog... non vedo l'ora!!!

Ci vediamo presto, ci conto ;)

mercoledì 13 aprile 2011

Updates

Faccio capolino di nuovo per postare un paio di aggiornamenti!

First of all, sull'interessante blog dell'Agenzia Italia America è stata pubblicata un'intervista a... me! Se avete voglia di leggerla, la trovate qui. Io sono stata felice e onorata di comparire in questo spazio... voi, se volete, fatemi sapere che ne pensate! :)

L'altra cosa che voglio segnalarvi è questo meraviglioso video:

Non l'ho fatto io, ma un'amica conosciuta a New York... godetevelo, è un piccolo capolavoro!

Un abbraccio a tutti!

mercoledì 6 aprile 2011

Last post - goodbye friends!

This is the end, beautiful friend - come dicevano i Doors...

Scrivo questo ultimo post per avvisarvi che il mastodontico post "Fate l'amore con il sapore" è concluso: contiene le recensioni di ben 60 locali (fra bakery, bar, ristoranti ed affini) che ho provato durante il mio soggiorno a New York. Ora sono tutti lì, per voi, per chiunque voglia qualche suggerimento al riguardo da una che è super golosa ma anche molto esigente!

Qui in Italia, ho già iniziato la mia nuova routine con il secondo semestre di tirocinio... finalmente clinica, finalmente bambini e famiglie!
Ho tanti progetti, primi fra i quali quello di affrontare l'esame di stato a fine novembre e di scrivere il mio primo libro... ho le dita che friggono dall'impazienza! :) In più, sto iniziando a collaborare con NUOK, come redattrice di Ravena... venitemi a trovare su facebook!

Non so se in futuro aprirò un altro blog, o riprenderò in mano questo trasformandolo. Può darsi di sì, può darsi di no. Non ne ho idea! Ma mi è piaciuto molto poter condividere questa intensa esperienza con voi, tramite immagini e soprattutto parole, e voglio ringraziarvi tutti per avermi letto - chi una volta, chi ogni tanto, chi costantemente. Grazie per essere passati da qui ed avermi prestato attenzione, spero di essere riuscita a regalarvi un pezzetto di New York come desideravo. Spero che ci ritroveremo, in qualche modo, magari per la prossima avventura...
Ah, sappiate che il mio invito a presentarvi con un commento è sempre valido! Sapere che c'è qualcuno che ha visitato il mio blog dai luoghi più disparati del mondo mi riempie di orgoglio ma anche di curiosità.

Buona vita a tutti!

sabato 2 aprile 2011

New York, in the end

Oggi, nelle pause fra un aereo e l'altro, mi sono messa a scrivere. 

Un paio di settimane fa, in un ristorante di Brooklyn, un amico mi ha posto una domanda: "Secondo te, cos’è che rende New York così unica?”.
Ho saputo immediatamente cosa rispondere: New York è unica perché ha tutto il mondo dentro di sé. Letteralmente. È un microcosmo, una riproduzione in scala di tutti i paesi del mondo, un mosaico composto di tessere tutte diverse. Percorrendo le sue strade, si incrociano segni di tutte le culture: nelle insegne dei negozi, nei ristoranti, nei profumi, nei colori, nei volti delle persone e nei loro accenti. Credo che non ci sia un altro posto simile: penso che la Grande Mela in questo sia il vero ombelico del mondo, un melting pot ricchissimo di sfumature.
E tutto ciò la rende un concentrato di energia in continuo movimento. Lo senti forte e chiaro, semplicemente camminando per le sue strade, ed all’inizio può essere fin troppo travolgente. Ma, in pochissimo tempo, la città ti accoglie a braccia aperte e ti rende parte di sé… una volta che ti immergi completamente, inizi a fluire con quell’energia. La assorbi, prendi il ritmo, ti senti parte del tutto. È per quello che, poi, andarsene è così dura: ti senti sradicato, strappato da un luogo al quale ormai appartenevi, che non è solo un luogo geografico, esterno, ma che ormai ti è entrato dentro e ti scorre nelle vene. Fa male, andarsene da New York. Anche se sai che non è un addio, perché lei continuerà a scorrerti nelle vene e ti richiamerà a sé.
Il bello è che, se sei recettivo, tutta quest’energia non circola intorno e dentro di te a casaccio, ma viene incanalata. Quasi automaticamente, la vedi prendere una traiettoria precisa, poi un’altra, poi un’altra ancora. Se sei recettivo, l’energia non viene sprecata, ma si trasforma e ti trasforma. Dopo sei mesi e mezzo, posso dire che New York mi ha aiutato a reinventarmi. E pensare che non sapevo nemmeno di volerlo fare! È successo tutto naturalmente, io non ho fatto altro che accogliere tutti gli spunti che la città mi ha dato. È come se la città stessa mi avesse fornito gli strumenti per sentire meno la sua mancanza, una volta a casa. Mi ha reso più ricca, così da bilanciare lo scompenso dato dal fatto di tornare in una piccola città di campagna. Essendo più ricca io, saprò osservare la mia città con uno sguardo nuovo, e proietterò su di essa ciò che ho dentro. So che questo accadrà, una volta superato lo strappo iniziale.

Quel giorno, a Brooklyn, il mio amico ha posto anche un’altra domanda: “C’è un’aspettativa che avevi e che è stata tradita?”.
Lì per lì non sapevo come rispondere, mi pareva che ogni aspettativa che avevo fosse stata rispettata, o addirittura superata. Poi mi è venuto in mente: ma certo, avevo una grossa speranza che non si è affatto tradotta in realtà! Ero quasi convinta che New York mi avrebbe regalato anche un grande amore, il ragazzo americano su cui tanto ho fantasticato. Ma probabilmente ho visto troppi film, o forse – come mi hanno detto tutte le americane con cui ho parlato – a New York non ci sono gli americani veri. Dicono che per trovare l’amore non è la città giusta. Eppure, la maggior parte di loro è fidanzata… misteri.
In ogni caso, tutto questo cercare l’uomo giusto e non trovarlo mi ha fornito un sacco di materiale che racchiuderò in un libro. Ed ecco che anche le disavventure possono trasformarsi in qualcosa di positivo! Visto che potenza ha l’energia di New York?

Stamattina, mentre il mio autobus attraversava e lasciava Manhattan, ho pianto. All’aeroporto di Newark, ho lottato con le lacrime per non farle uscire. Sull’aereo verso l’Europa, stessa cosa.
Ora sono all’aeroporto di Monaco, in attesa del prossimo volo, e sentire così poche persone che parlano inglese mi fa un po’ impressione.
Non posso credere che sei mesi e mezzo siano passati così in fretta, devo abituarmi all’idea… ma New York mi accompagnerà, e mi aiuterà.

Leaving New York, never easy - it's pulling me apart
I told you, forever, I love you, forever

Ed ora sono a casa, un pò spaesata. 
Inizia un nuovo capitolo, una nuova avventura... 

venerdì 1 aprile 2011

Leaving New York

Today is the day... e New York è triste, come me, e piange.


It's quiet now
And what it brings
Is everything

Comes calling back
A brilliant night
I'm still awake

I looked ahead
I'm sure I saw you there

You don't need me
To tell you now
That nothing can compare

You might have laughed if I told you
You might have hidden A frown
You might have succeeded in changing me
I might have been turned around

It's easier to leave than to be left behind
Leaving was never my proud
Leaving New York, never easy
I saw the light fading out

Now life is sweet
And what it brings
I tried to take
But loneliness
It wears me out
It lies in wait

And I've lost
Still in my eyes
The shadow of necklace
Across your thigh
I might've lived my life in a dream, but I swear
This is real
Memory fuses and shatters like glass
Mercurial future, forget the past
It's you, it's what I feel.

You might have laughed if I told you (it's pulling me apart)
You might have hidden a frown (change)
You might have succeeded in changing me (it's pulling me apart)
I might have been turned around (change)

It's easier to leave than to be left behind (it's pulling me apart)
Leaving was never my proud (change)
Leaving New York, never easy (it's pulling me apart)
I saw the light fading out
You find it in your heart, it's pulling me apart
You find it in your heart, change...

I told you, forever
I love you, forever
I told you, I love you
I love you, forever
I told you, forever
You never, you never
You told me forever

You might have laughed if I told you
You might have hidden the frown
You might have succeeded in changing me
I might have been turned around

It's easier to leave than to be left behind (it's pulling me apart)
Leaving was never my proud (change)
Leaving New York never easy (it's pulling me apart)
I saw the life fading out (change)
Leaving New York, never easy (it's pulling me apart)
I saw the light fading out (change)
Leaving New York never easy (it's pulling me apart)
I saw the life fading out (change)

giovedì 31 marzo 2011

Thank you


Fare la valigia è veramente dura. Vorrei portare a casa tante cianfrusaglie inutili che invece dovrò abbandonare. Vorrei portare a casa anche la mia meravigliosa e caldissima coperta, ma temo sia decisamente troppo pesante e voluminosa… e poi voglio comprare un barilotto di sciroppo d’acero, ma è pesantissimo! In ogni caso i bagagli procedono, anche se non mi fido di questa bilancia e quindi sto temendo di superare il peso consentito… non so se comprare questo sciroppo d’acero o no. È il dilemma che mi attanaglia di più.

A parte queste elucubrazioni, alla vigilia della partenza mi è venuta voglia di fare una lista di ringraziamenti… non i soliti, però. Non quelli “generici” che si fanno quando si fa il bilancio di un’esperienza… voglio ringraziare per il “qui ed ora” di questo ultimo periodo, perché mi sta regalando tanto. Quindi, grazie:
- a Julia, perché anche se non compra la carta igienica e non pulisce casa è una buona coinquilina ed è la compagnia perfetta per chiacchierare ed uscire (purtroppo l’abbiamo fatto troppo poco)
- a Dan, che avrà tanti difetti ma mi ha dato la mia stanzetta in questa bella casa, ed è stato sempre gentile e disponibile quando ho avuto bisogno
- alla mia tutor, che oltre ad avermi permesso di fare questo tirocinio mi ha anche trattato come chiunque vorrebbe essere trattato, e l’ha sempre fatto con un sottofondo di dolcezza che non è da tutti
- alle mie compagne di laboratorio, soprattutto Jackie, Vickie, Nell e Hannah, con cui ho sempre fatto un sacco di chiacchiere piacevolissime… peccato che non le abbiamo portate fuori dall’università
- a Sherina, anche lei compagna di laboratorio, logorroica come me e piena di vitalità, con cui ho condiviso un sacco di parole, risate, interessi e musica
- ad Alice, perché grazie a lei non solo ho potuto vedere Nuok sotto un’altra originalissima luce, ma ho anche e soprattutto potuto conoscere persone interessanti, simpatiche e che mi hanno arricchito
- all’Ilaria, con cui in questi mesi abbiamo fatto di tutto di più, all’insegna della logorrea e dell’idiozia! Speriamo di continuare a Ravenna o da qualche altra parte del mondo, tanto abbiamo visto che tutto è possibile: anche ritrovarsi dopo più di 10 anni!
- a Marco e Marianna, che metto in coppia solo perché sono una coppia, ma che sono dei grandi anche presi singolarmente, per tutte le chiacchiere, le idee le risate, le magnate, le bloggate, le cantate e le promesse di weekend romagnoli o piemontesi
- ad Andrea, per la compagnia, il sostegno e la sopportazione, i sorrisi e le risate, le partite di calcetto e il ping pong, l’aria rassicurante, la dolcezza, la schiettezza, e per l’affinità elettiva… che quando c’è, si sente. :)  (anche se non ha il dono della puntualità :P )
- a Vivien per il suo accento francese che mi mancherà, per le pazze risate, per la lentezza con cui calibra ogni mossa a calcetto e per il suo telefono funzionante (ma anche lui, zero puntualità :P )
- a Francesca per la compagnia in queste ultime giornate, per il suo modo di parlare che mi fa ridere automaticamente e per la sua simpatia
- ad Andrew, perché incontrare un half-newyorker che parla italiano con l’accento romagnolo più forte del mio… non ha prezzo!
- ad Antonio per le chattate serali – mie – barra notturne – sue
- alla Paciu, who is always on my mind, soprattutto ogni volta che la musica qua mi circonda e io me la immagino sui palchi newyorkesi, e con cui non vedo l’ora di recuperare tutto questo tempo!
- a Matteo, che mi ha tenuto compagnia costantemente in questi mesi, sorprendendomi piacevolmente
- a tutti quelli che ho incrociato e mi hanno regalato un sorriso
- a tutti i ragazzi cretini ed  incapaci di relazionarsi alle donne che ho incontrato e che mi hanno fornito materiale succoso per il mio libro
- a New York, che amerò per sempre e che spero di rivedere presto.

lunedì 28 marzo 2011

Salutare la città e salutare le persone

Sono giorni frenetici. Finalmente, riesco a trovare un pochino di tempo per fermarmi e scrivere... anche se forse sarebbe più saggio se iniziassi a fare dei tentativi seri di "invaligiamento".
Già, perchè è arrivato il momento: venerdì si parte e si torna a casa. Che per certi versi è un bene, per certi altri un male... e che male!
Ho iniziato - e in realtà, purtroppo, anche quasi finito - a salutare i "miei" luoghi, i pezzetti di New York che avranno un posto d'onore nei miei ricordi e nel mio cuore. Sono tornata a Coney Island, ovviamente a Central Park (facendo le ultime foto esattamente dove avevo fatto le primissime... e senza volerlo! E' stato un "caso"), poi anche il mio supermercatino Trader Joe's... e in generale, cammino per la città in modo molto più consapevole: quando guardo un palazzo, entro in un negozio o passeggio sul marciapiede di una strada, so che potrebbe essere l'ultima volta, il che mi provoca guizzi di malinconia improvvisa.
Ma sto anche continuando a scoprire angoli nuovi di città, perchè New York è una continua sorpresa! Quindi ho esplorato la zona di Park Slope ed ho visto Prospect Park da un'altra angolatura, in più sono andata a Roosevelt Island usando la mitica funivia nuova di pacca! Non solo... avevo appena finito di recensire i ristoranti in cui ho mangiato, giusto? Ecco, negli ultimi tre giorni se ne sono aggiunti alla lista ben CINQUE!!!
Eh già, perchè oltre a salutare i luoghi ho iniziato anche a salutare le persone... questo ultimo mese è stato piacevolmente particolarmente denso di intrecci relazionali, ed ecco che le persone da salutare si sono moltiplicate!
Ho iniziato venerdì sera, con la vera e propria "goodbye night": prima sono andata con la mia coinquilina a sentire il suo ragazzo e la sua band suonare (in realtà per colpa del traffico abbiamo sentito solo una canzone, ma finalmente ce l'ho fatta ad andare ad un loro live!), poi ci siamo spostate al Fat Cat (locale di cui avevo parlato anche qui), dove ci hanno raggiunto l'altro mio coinquilino ed alcuni amici. Serata bellissima e divertente, a suon di calcetto e di ping pong che si sono protratti fino alle 3 e mezza di notte!
Il giorno dopo, con l'Italiano e il Francese siamo andati ad esplorare Park Slope, culinariamente e non. Poi la sera abbiamo raggiunto un'altra amica che stava filmando un timelapse di Manhattan dal Brooklyn Bridge Park... quando eravamo ormai quattro ghiaccioli umani, ci siamo buttati in una pizzeria per riscaldarci. E quindi, già due locali mangerecci nuovi.
Ieri sera, sempre con l'Italiano, il Francese e l'amica siamo stati in un terzo locale nuovo, a Greenpoint, perchè ci suonava un ragazzo molto bravo che avevo incontrato in metropolitana qualche giorno fa... e siccome era ora di cena, abbiamo mangiato lì.
Oggi invece sono andata al Chelsea Market con altri due amici: ci siamo sbafati due aragoste enormi, che ci guardavano in cagnesco ma che si sono lasciate sbranare moooolto volentieri! E poi, siccome siamo giovini, americanizzati e golosi, abbiamo concluso con una gita alla bakery. Aragosta e chocolate chip cookie, la nuova moda di noi ragazzi di oggi. Per cui, ecco gli altri due locali mangerecci che recensirò. Probabilmente quando sarò già in Italia.
Insomma... tutto questo mangiare ed uscire con gli amici fa ovviamente parte del processo di saluti, che si sta rivelando un'ottima scusa per divertirsi un sacco! E perdere un pò di ore di sonno, anche. E mettere su qualche chilo, come se non fossero già abbastanza. Ma anche chissenefrega!
I prossimi giorni il tran tran sarà esattamente lo stesso... con la differenza che, adesso, devo mettermi sul serio a preparare questi bagagli.

Ah, per inciso: a New York è ancora inverno. Il sole è meraviglioso e brillante, ma è un freddo che più freddo non si può, con aggiunta di vento malefico.
Cara la mia Italia, sarà meglio che tu mi accolga con un bel teporino... se no non vale!

mercoledì 23 marzo 2011

Considerazioni meteo

New York, per quanto riguarda il meteo, è schizofrenica. L'unica costante è il vento, che non si ferma praticamente mai. Per il resto, da un giorno all'altro tutto cambia radicalmente. Soprattutto in questo ultimo paio di mesi, in cui l'atmosfera della city si sta sforzando per far spuntare un barlume di primavera, ma c'è evidentemente qualcosa che la blocca... cara mia, già nostalgica dell'inverno ancor prima di lasciarlo andare? O forse sei solo sadica e ti piace vederci soffrire e gelare quando - per contratto - dovrebbero sbocciare i fiori e svegliarsi le bambine? Probabilmente sì, è sadismo... ci ha illuso regalandoci un paio di belle giornate la settimana scorsa, perchè evidentemente voleva anche lei godersi St. Patrick's day col sole, poi sarà che ha bevuto troppo e ha perso un pò il controllo della situazione... fatto sta che il giorno dopo sembrava quasi estate. Infatti sono andata a Coney Island, che sembrava il paradiso, e mi sono pure abbronzata/sbruciacchiata la faccia con molta soddisfazione. Poi si è resa conto che troppa gente aveva già inforcato le infradito e indossato minigonne e canotte: ha lasciato lì il sole per ingannarci, in modo che uscissimo di casa tutti svestiti e percepissimo troppo tardi il freddo che aleggiava nell'aria.
Lunedì s'è girata male (sarà umana anche l'atmosfera della city?) e ha fatto piovere, dopo di che siamo ruzzolati indietro in pieno inverno come se niente fosse.
Oggi, poi, è stata l'apoteosi: notte e risveglio con pioggia ghiacciata, freddo gelido, neve che andava e veniva, poi ancora pioggia, ghiaccio, tuonifulminisaette ed ora - che le precipitazioni sono finite - guardo fuori dalla finestra e cosa vedo? Quel tanto di neve che basta a ricoprire tutto di bianco! Unbelievable.
Ormai ho perso quel barlume di speranza che mi restava di vedere gli alberi di Central Park in fiore...

New York, diciamocelo: te la cavi molto meglio con l'autunno che con la primavera!

lunedì 21 marzo 2011

La casa delle decorazioni

Anche se non ho prove visive da fornire, perchè mi pare brutto fotografare le case altrui, non posso esimermi dal parlare di quella che mesi e mesi or sono ho ribattezzato come "casa delle decorazioni".
Mi sono trasferita in questo appartamento a fine settembre: loro avevano già esposto le decorazioni di Halloween. Niente di eccessivo, decorazioni sobrie: qualche aggeggino di plastica o legno alle finestre, una scritta "Happy Halloween" tutta colorata, e una specie di bandiera fuori, a forma di gatto nero seduto su una mezza luna.
Col passare delle festività, ho appreso che questo è il modo in cui decorano la loro casa: la bandiera esterna è immancabile e sempre bellissima e originale!
Ma soprattutto, il loro forte è il tempismo: appena passato Halloween, hanno decorato la casa per il Thanksgiving Day. Subito dopo quello, è stata la volta delle decorazioni di Natale. Poi sono spuntate immediatamente quelle di S. Valentino. Il giorno dopo, hanno decorato con la bandiera per St. Patrick... e ora, sono apparse le decorazioni di Pasqua. Quanto sono avanti questi? Mi mancheranno le loro decorazioni!
Vediamo se uno di sti giorni trovo il coraggio per fotografare almeno queste ultime...

Comunque, l'altro giorno ho percorso la strada sul loro lato (di solito sto sull'altro) e ho sbirciato il campanello: sono italoamericani. Non solo, ma hanno anche tutta una serie di ammennicoli e adesivi, alcuni molto carini, sull'unione fra italianitudine e americanitudine... carucci loro, oltre che super attrezzati! :)

domenica 20 marzo 2011

Dove ficco il naso, oggi?

Di NUOK vi ho già parlato diverse volte, linkando - fra le altre cose - anche un paio di miei articoli che sono apparsi lì... ora vi aggiorno, raccontandovi che la sua "mamma" sta avviando un nuovo progetto: quello di raccontare l'Italia con lo stesso stile originale e creativo con cui fino ad ora sono state raccontate New York e tutte le altre "sitis" (cities --> città). E' infatti nato Tometo, che vi consiglio di iniziare a seguire (anche su facebook) per raccogliere nuovi spunti... perchè si sa che quasi quasi si conosce meglio l'estero che casa propria!
Siccome io sono una curiosa di natura, sono andata a ficcare il naso anche fra le pagine di questa nuova creatura, e grazie alla sua mamma è stata pubblicata questa intervista, in cui racconto qualche pizzico di Ravenna, la mia city... che mi è anche servito per rimettermi un pò in carreggiata, iniziando a farmi mentalizzare il fatto che tra due settimane sarò di nuovo lì.

Intanto che sono qui, comunque, continuo ad aggiornare il post sui locali mangerecci di New York... stay tuned, perchè ne arriveranno altri! ;)

venerdì 18 marzo 2011

Fanatici dei leprecauni e delle sirene canterine (leggi: St. Patrick’s day parade e The Little Mermaid singalong)

Di giorno:
“One short day in the Emerald City!” – ah no, qui non siamo nel musical Wicked ma nel mondo reale… solo, in versione Irish-friendly. O Irish-fanatic, per meglio dire. Nel giorno di St. Patrick, tutti i newyorkesi si trasformano magicamente in irlandesi, e la città viene inondata da una marea di gente vestita e accessoriata di verde… la fiera dell’eccentricità giustificata. 
I premi per gli outfit migliori vanno assolutamente a bambini (più piccoli sono, più sono adorabili in versione gnomo color smeraldo) e ai cani. E quindi i complimenti (ma ne siamo proprio sicuri???) vanno a genitori e padroni. Fra l’altro, genitori che lasciano fotografare i propri figli neonati a perfetti sconosciuti, orgogliosi che la faccia del loro bambino finisca fra le mani di chissà chi… mah. Io comunque alcuni li ho fotografati, erano davvero troppo bellini.
La parata, di per sé, è piacevole ma niente di particolarmente eclatante: rappresentanze di società irlandesi, scuole superiori, forze armate e gruppi vari sfilano per ore, alcuni suonando (le marching bands delle scuole, a volte accompagnate da majorettes o sbandieratrici – e le tante, tante cornamuse insieme a percussioni di vario genere). Devo dire che sentire così tante cornamuse suonare, una volta tanto, mi ha fatto piacere! Anche se c’è chi dice che cornamusa + kilt è una tradizione solo scozzese… ma questi irlandesi paiono proprio convinti del contrario!
In ogni caso, la parte più divertente è osservare il pubblico: ce n’è davvero di tutti i colori… anzi, il colore è sempre quello: verde smeraldo. Però la fantasia ha la meglio su qualsiasi logica!
A parte la parata, è stato molto bello godersi il sole (che mi ha bruciato il naso) e il teporino primaverile, in compagnia di bella gente, proseguendo la giornata a passeggiare per Central Park dove il tutto è stato coronato da un paradisiaco waffle… meglio di così non si poteva fare!
Per il resto, stando a quello che mi avevano raccontato mi aspettavo di vedere in giro molti più ubriachi di quelli che ho incrociato in realtà… meglio così!

Di sera:
Ma è stato col calare del sole che la giornata ha dato il meglio di sé, toccando la perfezione: in programma, per me ed alcuni nuovi amici, c’era il singalong della Sirenetta – in inglese, ovviamente. A parte alcune peripezie logistiche per raggiungere il locale - The Bell House (che ci ha piacevolmente colpito), siamo stati molto stupiti di arrivare in un luogo gremito di gente! Tant’è che il film ce lo siamo dovuto vedere in piedi… il pubblico, che io pensavo sarebbe stato prettamente femminile, in realtà era metà e metà (anche se ho come l’impressione che gli uomini si dividessero soprattutto in due categorie: i gay e gli etero trascinati dalle fidanzate). Fatto sta che se in Italia qualcuno organizzasse una serata del genere, l’affluenza non sarebbe nemmeno lontanamente paragonabile, e soprattutto gli uomini non si farebbero mai e poi mai coinvolgere. Quelli presenti in sala, invece, si sono prodigati in performance indimenticabili recitando parti del film e risultando di gran lunga migliori delle performer femminili!
Fatto sta che, dopo un po’ di riscaldamento iniziale (come se non fossimo stati già tutti abbastanza esaltati), alla partenza del film si è scatenato il delirio assoluto! Un tifo da stadio ogni volta che compariva per la prima volta un personaggio, o durante le scene clou… con tanto di “buuuuuuuuuuuuuuuuu” verso le murene cattive che rovesciano la barca nella laguna, o verso Ursula trasformata in gnoccolona che ipnotizza il principe Eric.
E le canzoni? Le canzoni sono state l’apoteosi del singalong… tutte cantate a squarciagola da un pubblico coinvolto che più coinvolto non si poteva! Tutti talmente "dentro il personaggio" che ogni tanto i cori si sentivano anche per le battute parlate…
Ragazzi, è stato bellissimo. Meraviglioso. Un sogno divenuto realtà! Ho capito che NON SONO SOLA al mondo, non sono l’unica che ama la Sirenetta con tutto il cuore e le viscere, non sono la sola a sentirsi Ariel al 100%... siamo tanti, e c’è anche chi sta messo peggio di me!
Quindi grazie pubblico di mermaids e mermen, mi avete davvero regalato un’ora e mezza di nirvana disneyano!
P.S.: bisogna importare la formula del singalong in Italia… è una delle cose più divertenti che esistano! :D
P.P.S.: se il mio racconto non vi è bastato, potete trovare quello dei miei amici qui!

martedì 15 marzo 2011

Il gatto grasso e il calcetto rinforzato

Un'italiana, un italiano ed un francese vanno ad ascoltare musica jazz in un locale. 
Il locale si chiama Fat Cat, tutte le sere ci sono musicisti che suonano live jazz, e a notte fonda partono delle jam session che vanno avanti fino a mattina.
Dopo un pò di vicissitudini dovute a scherzoni della subway, i nostri tre riescono ad arrivare al club e si trovano davanti uno spettacolo inaspettato: non è il solito buco tipico newyorkese, ma è un locale spazioso, pieno di divani ma soprattutto di biliardi, calcetti, tavoli per il ping pong e per un altro gioco mai visto prima - con dei dischetti da far scivolare sulla sabbia. Su un lato, la "zona jazz" dove i musicisti stanno suonando.
L'atmosfera è meravigliosa e l'italiana pensa subito che ci dovrà tornare prima di ripartire.
E così i tre protagonisti vanno avanti per qualche ora a godere delle note che svolazzano nell'aria, in compagnia di una birra e tantissime chiacchiere.
Poi arriva il "momento calcetto" e, siccome manca il quarto giocatore, ci si organizza così: l'italiana deve trovare qualcuno che le piaccia, ed invitarlo a giocare. Impresa ardua, perchè gli americani presenti lasciano tutti a desiderare!
C'è un povero spagnolo solitario, seduto vicino a loro, che fa talmente tristezza che quasi vince l'onore di essere il quarto. Ma all'improvviso spunta un suo amico con due ragazze, e lo spagnolo esce dai giochi.
Data l'indecisione estrema dell'italiana, il francese prende l'iniziativa e va a reclutare un asiatico simpatico che si unisce per il primo match, in cui italiano+italiana stracciano francese+asiatico.
...ma mentre giocano, fra un attacco e una difesa, l'italiana ha una visione: alto, biondo, occhi in ombra ma intuibilmente chiari, lineamenti precisi da nordico. Ecco il prossimo quarto!
Quindi, finita la partita si congeda il povero asiatico bistrattato, che se ne va sorridente, e si parte all'attacco.
L'italiana arrugginita si fionda di fronte al biondo e lo invita a giocare. Lui ribatte con un "Io faccio schifo a calcetto, ma lui è bravo", indicando il suo amico. Che l'italiana aveva scambiato per una ragazza, e questo dice tutto. Va bè, se è l'unico modo per smuoverti da questo divano, manda pure il tuo amico ma almeno vieni ad assistere alla partita. L'amico, un finlandese freddino, gioca in squadra col francese. Frulla un sacco e grazie a questo per gli italiani si mette male. Ma con la classica ultima palla "chi fa questo gol vince tutto", italiano+italiana battono anche francese+finlandese. Yesss!
In tutto ciò il biondo, danese, non ha degnato di uno sguardo il match. Però poi, quando è stata ora di andar via, ha camminato continuando a fissare l'italiana e sorridendole. De-ci-di-ti!
Come sempre, è l'italiana che decide e prende in mano la situazione - grazie ai consigli dei fidi italiano e francese - e gli lascia il numero di telefono, consapevole di due cose:
1) il danese non chiamerà
2) i paesi del nord saranno la sua prossima meta.

In tutto questo, l'italiana, l'italiano e il francese hanno appreso con stupore che i calcetti americani hanno tre portieri invece che uno solo... comodo così!!!
E nell'aria c'è come l'impressione che il gatto grasso li rivedrà presto. Miao!

lunedì 14 marzo 2011

New York Knicks VS Indiana Pacers - la disfatta

Finalmente, dopo mesi di attesa, è arrivato il momento: sono andata a vedere una partita dei Knicks al Madison Square Garden!
Ho seguito l'NBA per alcuni anni quando ero una ragazzina, ovviamente tifando per i Knicks (perchè mio babbo era venuto in vacanza a NY ed io mi ero esaltata per osmosi). Poi ho "perso di vista" il basket, ma davvero non vedevo l'ora di assistere ad una partita live.
Siccome i biglietti costano tantissimo e vanno a ruba con mesi di anticipo, ci siamo dovute accontentare di una partita un pò scrausa: Knicks vs Pacers. Ma fa niente, l'esaltazione c'era lo stesso!
Madison affollato ma non pienissimo, tutto il pubblico dotato di magliette, cappellini e gadget vari (anche quelli costavano tantissimo... ma sti americani fanno un mutuo per tifare così agghindatamente?!).
Essendo una partita scrausa, mi aspettavo che i nostri vincessero. O per lo meno lottassero.
Macchè, sti Indiana hanno preso subito il sopravvento e ci hanno stracciato... giustamente! I Knicks avevano una difesa inesistente, e in attacco hanno sprecato la metà delle occasioni tirando ma mancando il canestro! Sono proprio un pò sfigati, diciamocelo... e sto Carmelo Anthony sarà anche acclamatissimo ma non è che ieri ci abbia fatto un gran figurone.
Comunque complimenti ai costruttori del Madison perchè anche dai posti più lontani del mondo (i nostri) si vede benissimo!

Dettagli che mi sono rimasti impressi:
la musica a palla che dava una carica bestiale (a noi ha fatto venir voglia di andare in discoteca),
le grida "DE-FENSE, DE-FENSE!" da parte di un pubblico che tentava di incitare dei giocatori troppo invorniti,
i giochini stupidi fatti nei tempi morti (tipo "fai finta di suonare il bongo, che poi ti inquadriamo e disegnamo un bongo sullo schermo, così sembra che stai suonando per davvero"),
le ballerine, i City Kids (ballerini anche loro) e il talent show dei bambini,
le musichine di scherno che il commentatore/dj faceva partire quando gli Indiana andavano in attacco,
le scritte che incitavano ad applaudire e fare casino,
i vips presenti fra il pubblico, che venivano inquadrati e proiettati sul megaschermo,
la proposta di matrimonio avvenuta nell'intervallo,
il tizio davanti a noi che si segnava meticolosamente in un taccuino tutti i punti e i falli e ogni tanto chiedeva qualcosa a gran voce ad un suo amico immaginario,
ma soprattutto: il pubblico che, desolato, a 6/7 minuti dalla fine ha iniziato ad andarsene dal palazzetto... della serie: "Non ce può fregar di meno di tutti i soldi spesi per il biglietto, fate talmente pena che ci obbligate ad abbandonarvi al vostro triste destino".

Bellissima l'esperienza della partita di basket al Madison, ma cari ragazzi: svegliaaa... GO KNICKS GO!

domenica 13 marzo 2011

Philadelphia here we come!

Ieri sono andata in gita con l’Ilaria: alle 9 di mattina abbiamo preso il nostro china-bus con partenza da Chinatown-New York ed arrivo a Chinatown-Philadelphia.
Abbiamo camminato per ore ed ore ed ore ininterrottamente, girando la città in lungo e in largo da brave turiste, il tutto all’insegna dell’idiozia più sfrenata… un successone!
E, gironzolando in questa che – in confronto a New York – sembra una cittadina mignon, abbiamo notato che Philadelphia è:
- la città dei murales. A quanto pare ce ne sono più di 3000… noi ne abbiamo visti molti meno, ma abbiamo camminato lungo il “mural mile”, ovvero un percorso di un miglio che tocca diversi murales spettacolari. Opere d’arte coloratissime dipinte (o spesso realizzate con un mix di pittura e mosaico) su pareti enormi, che lasciano a bocca aperta per la fantasia e la precisione con cui sono state realizzate e che veicolano messaggi sociali profondi. Tenete sempre gli occhi aperti, e lasciatevi stupire.
- la città dei mosaici. Altra cosa che lascia assolutamente a bocca aperta! Ci sono case completamente ricoperte di mosaici realizzati con pezzi di specchi e piastrelle… assolutamente stupende! E fra un disegno più o meno astratto e l’altro, sono inserite frasi e parole varie… non so nemmeno come spiegarlo, ma trovo che l’artista che le ha realizzate sia assolutamente geniale! Ad un certo punto abbiamo scovato una specie di “museo” di questo genere: in pratica hanno costruito una specie di labirinto tutto ricoperto di questo tipo di mosaico, con l’aggiunta anche di bottiglie, vasi, statuette, oggetti di ferro battuto, ruote di biciclette e oggetti vari ed eventuali (compresa la tazza di un wc). Noi abbiamo guardato solo da fuori, ma già così siamo rimaste totalmente affascinate! E siamo giunte alla conclusione che la nostra cara Ravenna, capitale del mosaico, dovrebbe modernizzarsi un po’ e far comparire questa sua evoluzione sulle proprie case!
- la città dei particolari. Dalle casette tutte colorate e tutte diverse una dall’altra, alle tante insegne “old style” che spuntano dalle costruzioni, ai segnali mai visti prima (tipo “In caso di incendio, portate in salvo il cane e il gatto”), alla statua di un bambino con un cane che regge il cartello di un parcheggio… insomma, vista da lontano potrebbe sembrare noiosa e piatta (anche in senso letterale: scordatevi i palazzi altissimi di NY), ma sono i particolari che fanno la differenza.
- la città delle bandiere. Ce n’è dappertutto e sinceramente non ho capito bene il motivo… danno colore anche loro, conferiscono un certo tono alla città, ma chissà perché ne mettono così tante, ovunque. Anche in strade di case apparentemente normali, si trovano ste sfilze di bandiere. Boh!
- la città della cheesesteak. Narra la leggenda che l’abbia inventata un venditore di hot dog, stufo di mangiare sempre e solo wurstel avvolti dal pane. Altro non è che uno sfilatino farcito di bistecca tagliata a striscioline e formaggio… a Philadelphia la troverete ovunque, ad ogni angolo (mentre gli hot dog sono stati aboliti). Nella zona sud della città c’è lo storico Pat’s - discendente di colui che ha inventato questo piatto - piazzato esattamente di fronte a Geno’s – l’altro colosso della cheesesteak. Il mio coinquilino mi ha consigliato di prendere un panino di qua, uno di là e poi di dividerceli per decidere quale fosse il migliore. Ma le cose sono andate diversamente: mentre eravamo in fila da Pat’s, indecise sul da farsi perché era un po’ troppo freddo per aver voglia di mangiare all’aperto, è entrata in gioco la concorrenza sleale sottoforma di un rasta nero, cameriere di un terzo locale, che si è avvicinato bel bello proponendo a tutti di assaggiare un sample della loro cheesesteak, al grido di “Il pane è lo stesso, è esattamente la stessa cosa ma la nostra carne è di qualità migliore!”. L’abbiamo assaggiata, era buona. Il suo locale aveva i tavoli al chiuso e sparava musica di Frank Sinatra nell’aria… la concorrenza sleale ha vinto e siamo entrate in questo pub frequentato da baldi giovani con la buzza da birra. Insomma, a parte ciò io ho mangiato questa cheesesteak che non è male ma non è neanche sto gran piatto paradisiaco. Però con Sinatra in sottofondo il mondo ti sorride a prescindere. E comunque, una volta uscite da lì abbiamo constatato che Geno’s batte Pat’s 1-0: la fila per le loro cheesesteak era decisamente più lunga!
- la città dell’Italian Market. Che poi è una via piena di negozi di prodotti italiani, soprattutto formaggi… provoloni enormi che pendono dal soffitto! Un tuffo nei profumi e nelle forme di casa, che fa bene allo spirito. A parte il fatto che ad un certo punto siamo inaspettatamente piombate in mezzo al puzzo di un negozio di pennuti (vivi) tutti stipati in gabbie… che ha un po’ rovinato l’atmosfera. Ah, poi pare che anche l’inventore della cheesesteak fosse di origine abruzzese. Insomma, noi italiani mettiamo il naso dappertutto come sempre! :D
- la città con le vie dai nomi Cip&Ciop-peschi. Tipo Chestnut (castagna) o Walnut (noce) street… quando torno a casa voglio rinominare la via dove abito e darle un nome del genere!
- la città senza dessert. Prese da un craving di cheesecake (la logica conseguenza alla cheesesteak) e dalla voglia di sederci un attimo per riposare i nostri piedi stanchi, abbiamo iniziato a pellegrinare da un locale all’altro aguzzando la vista in cerca di bakery, deli, o qualsiasi cosa potesse essere cheesecake-friendly. Niente. Abituate all'abbondanza di New York, siamo state prese da disperazione più totale: ma dico io, come cavolo è possibile che in tutti i locali ispezionati ci fosse un lunghissimo menu di cibi salati e NESSUN dessert??? Tristezza infinita… ci siamo dovute rinchiudere in un centro commerciale deprimente sperando che ci fosse una bakery. C’era, ma zero cheesecake e solo tanti dolci dai colori chimici. Allora ci siamo dovute accontentare di Starbucks, che però ci ha stupito: il frappuccino costa meno che a Manhattan, e ci hanno anche regalato dei dolci gratis! Tiè.
- la città dei Dunkin Donuts. A proposito di Starbucks, New York ne è tutto un fiorire… a Philly invece scarseggiano. In compenso, c’è un Dunkin Donuts ad ogni angolo di ogni strada!
- la città dei fiorelloni. Occhei che al momento c’è una mostra sui fiori (fra l’altro costosissima: sarà pure bella, ma 28$ sono un po’ eccessivi! Infatti col cavolo che ci siamo andate), ma da lì all’ilarità di vedere qualsiasi tipologia di persona con in mano un mega fiorellone di carta appeso in cima ad un bastoncino… ce ne passa! Il premio “portafiori più ridicolo dell’anno” lo vince un uomo visto al centro commerciale: era con moglie e figlia, entrambe comodamente sedute a mangiare un gelato con moooolta calma. E lui? In piedi, di fianco al tavolino, con la faccia contrita ed in mano questo fiorellone, tenuto bello dritto come se fosse un ombrello. L’ho anche immortalato, meritava.
- la città dei derelitti. Già in quel centro commerciale c’è venuta l’ansia perché eravamo circondate dalla tipica popolazione da Bronx… in più, per strada, ogni nanosecondo siamo state assalite da mendicanti più o meno distrutti che volevano i nostri soldi. Anche a New York ce ne sono, ma molti meno! E meno invadenti… insomma questa cosa ci ha un po’ inquietato, e siamo state felici di essere in due, soprattutto quando ha iniziato a scendere il buio.
- la città dei matrimoni pacchiani. Siamo andate a vedere la statua di Rocky, che si trova davanti al museo d’arte, un bellissimo palazzo simil-tempio in cima ad una scalinata, affacciato sulla città. Location perfetta per il book fotografico del matrimonio, abbiamo scoperto. Siamo state lì 10 minuti, ed abbiamo visto ben quattro matrimoni. Caratteristica comune: il kitsch. Spose opinabili, e colori e abiti degli invitati ancora di più: in un gruppo erano tutti neri e viola, in un altro sempre tendenti al nero macabro, nel terzo erano rossi scarlatti (con tanto di gilettini di raso improponibili) e l’ultimo gruppo era formato da giovani russe vestite da discoteca. Evviva la sobrietà!
- la città degli ubriachi verdi. A Philadelphia hanno evidentemente adottato un calendario a se stante: erano tutti convinti che St. Patrick fosse ieri. Strade e locali pullulanti di giovani vestiti di verde ed agghindati con tutti gli accessori “sanpatrizieschi”, incuranti del fatto che fosse il 12 marzo e non il 17. Fra l’altro, nonostante il freddo, erano tutti particolarmente spogliati: i ragazzi in maglietta, le ragazze scosciate. Sarà che da ubriachi la temperatura corporea sale… fatto sta che a furia di vedere così tanti simpatizzanti irlandesi in festa c’era venuta voglia di urlare a destra e a manca che avevano cannato di brutto la giornata!


Bene, direi che ho detto più o meno tutto quello che c’era da dire…
In sostanza: una gitarella a Philadelphia, se vi capita, fatela. A mio parere, un giorno è abbastanza, a meno che non teniate particolarmente a vedere i musei della città. In ogni caso, fateci un salto, vi resterà impressa. :)

venerdì 11 marzo 2011

Il motore dell'economia americana? La manicure!


Ebbene sì, i “nail salon” a New York sono tanti quanti gli Starbucks… ce n’è uno ad ogni angolo! 
Gestiti per la maggior parte da cinesi o sudamericani, sono più o meno fashion, più o meno moderni, più o meno costosi, ma tutti frequentatissimi. Il prezzo della manicure è talmente basso (intorno a casa mia circa 7$), e i nail salon sono talmente diffusi, che resistere alla tentazione è veramente dura… inizi proprio a sentire l’assoluto bisogno di andare a farti dipingere le unghie! Per esempio, in Italia a me non è mai passato nemmeno per l’anticamera del cervello di andarmi a fare la manicure. Qua, invece, non ho resistito e mi sono trasformata in una ragazza vanitosa con le unghie colorate! (mai come le vere newyorkers comunque, che rinnovano il colore tutte le settimane)
La prima volta mi sono fatta trascinare dall’amica che si è sposata qui: con la scusa che lei voleva farsi la french per il matrimonio, l’ho accompagnata in un salone di cinesi vicino a casa e mi sono concessa questo “lusso”. Al grido di “Piccacàla!” (che poi voleva dire “Pick a color – scegli un colore”) da parte di una delle ragazze del centro, ho scelto la tinta più neutra che si potesse. Non so perché, ma avevo un certo timore nei confronti di questa pratica esotica.
Il risultato mi ha soddisfatto, e devo dire che la sensazione di affidarsi a qualcuno e farsi coccolare anche per una cavolatina del genere è piacevole. Però, sono giunta alla conclusione che non ha senso andare a fare la manicure se poi ci si fa mettere lo smalto color “unghia naturale”.
Allora, la volta successiva sono andata con la mia Paciu in un salone diverso, sempre vicino a casa ma stavolta gestito da sudamericane molto più calde e rassicuranti delle cinesi (per lo meno capivo cosa mi stessero dicendo). Fra l’altro, i loro smalti avevano nomi molto creativi per identificare i colori (mi è rimasta impressa la nuance “Big bag theory”): così, siamo uscite dal salone con le unghie color sorbetto alla fragola (la Paciu) e Maks, ovvero un bel rosso (io). Molta molta satisfaction.
Dopo di che ci sono tornata oggi per la terza volta, con l'Ilaria, in un posto ancora diverso dai primi (casa mia è circondata di nail salons!), di nuovo gestito da cinesi. Ho scelto uno smalto lilla che poi, purtroppo, sulle unghie si è rivelato più tendente al rosa. E io non sopporto il rosa. Ma va bè, mea culpa. Meno mea culpa invece è il fatto che la tipa mi ha messo lo smalto un po’ come me lo potrei mettere io… cioè abbastanza alla cavolo. Mmmh, c’è di meglio sulla piazza!
Buoni propositi per l’immediato futuro: prima di ripartire per l’Italia, torno dalle sudamericane e mi faccio manicure (voglio le unghie azzurre!) e pedicure.
Sarò comunque malinconica, ma almeno lo sarò in modo molto fashion.

domenica 6 marzo 2011

Stregata da Wicked

Wicked, l’ormai celeberrimo musical che racconta la storia della strega cattiva del Mago di Oz, ha talmente tanto successo che i biglietti per andare a vederlo non potete trovarli scontati da TKTS, come accade invece per tutti gli altri musical (a parte il Re Leone).
Fra l’altro è parecchio costoso e i biglietti vanno via come il pane, per cui è difficile accaparrarsi quelli più economici, se non comprandoli online con un bel po’ di anticipo.
Però però… c’è una speranza, anzi LA speranza: la lotteria! In pratica, per ogni spettacolo vengono messi in palio un tot di biglietti (solitamente TUTTA la prima fila e una parte della seconda) che altrimenti resterebbero invenduti, e i vincitori li possono comprare alla cifra stracciata di 26.25$ l’uno… funziona così: due ore e mezza prima dello spettacolo spunta l’addetto alla lottery (sempre lui, sempre vestito uguale, che dice sempre le stesse esatte parole e fa gli stessi identici gesti), che fa scrivere a tutti su un biglietto – verde ovviamente – il proprio nome, cognome e per quanti biglietti si sta partecipando (uno o due). Poi, dopo mezz’ora, l’omino chiude l’urna ed estrae i nomi dei vincitori, che vengono chiamati, messi in fila, controllati (bisogna avere ID e soldi cash in mano). Insomma, è una roba seria. :D
Chiusa l’introduzione tecnica, passo alla mia esperienza.
Ho provato la lottery con la Paciu e Moroso… non abbiamo vinto niente, e abbiamo notato una leggera tendenza da parte degli asiatici a fare man bassa di biglietti.
Poi l’ho provata con l’Edi e Sauro… e non abbiamo vinto niente. Abbiamo però avuto la conferma che gli asiatici hanno sbancato la lotteria, maledetti!
Ma ieri abbiamo ritentato… e di asiatici ce n’erano pochi (ma quelli che c’erano, hanno ovviamente vinto tutti O__O ). Ed è stato così che l’omino della lottery ha chiamato “Sòro Ericiello!”… Saurooooooooo! Sauro ha vinto la lottery e si è aggiudicato due biglietti!!! :D
Non sto qua a dilungarmi oltre sulle fasi organizzative successive (i biglietti erano due e noi eravamo tre)… ma ringrazio pubblicamente Sauro perché mi ha fatto un regalo di valore inestimabile lasciandomi il suo biglietto!
Grazie a lui, alle 14 l’Edi ed io eravamo in prima fila a guardare Wicked vedendo letteralmente sotto le gonne dei ballerini, e con la possibilità di osservare anche l’orchestra annidata sotto il palco!

Il musical è veramente meraviglioso (avrei dovuto dar retta alla Francy prima e alla Leonora poi), non so nemmeno come descriverlo!
Le musiche sono belle, coinvolgenti, i brani hanno testi molto significativi, in cui mi sono ritrovata completamente, ed è stato stranissimo perché non mi aspettavo di sentirmi così in sintonia con loro fin dal primo ascolto!
I personaggi sono caratterizzati in modo superbo, per esempio (e soprattutto) la gestualità di Glinda fa rotolare dalle risate!
La storia è avvincente ed avvolgente dall’inizio alla fine, non c’è un momento di pausa o di noia… ci sono tantissime – ed inaspettate – risate, così come ci si ritrova immersi in momenti di emozione profonda e commozione pura (ad un certo punto stavo lottando così tanto contro le lacrime, per evitare che sgorgassero, che mi faceva un male cane tutta la faccia). Nella trama ci sono i rimandi al Mago di Oz, c’è la difficoltà di essere “diversi”, c’è il rapporto problematico di Elphaba con la sorella, c’è la voglia di lottare per i propri principi senza cedere a compromessi, c’è l’amore con Fiyero… ma è sostanzialmente una storia che racconta l’amicizia, quella vera, indissolubile e commovente, fra Elphaba e Glinda.
Il cast è spettacolare: Teal Wicks, che interpreta Elphaba, è qualcosa di indescrivibile… la sua voce lascia a bocca aperta dal gran che è pura e bella e limpida, la sua mimica facciale è perfetta e lei è veramente bellissima nonostante sia verde. Superlativa! Nel ruolo di Glinda ieri c’era la sostituta Laura Woyasz, perfetta nella parte recitata ma con la voce un pelino troppo stridula in certe canzoni. Ci sarebbe da elencarli tutti, ma vorrei soffermarmi su Fiyero, ovvero Kyle Dean Massey, soprannominato da me e dall’Edi “Figheiro”… mi sono innamorata. Bellissimo in viso, un corpo perfetto che più perfetto non si può, sa cantare, ballare, recitare… è il mio uomo! Peccato che abbia scoperto che è gay, e questa è un’ingiustizia bella e buona! Fra l’altro, comunque, il suo personaggio mi ricorda molto qualcuno di mia conoscenza… tanta, tanta risonanza in questo musical! :) Per quanto riguarda tutti gli altri, vedendoli così da vicino ho notato un gran pullulare di giovani… avevano proprio le faccine da ventenni! Che bello vedere che da qualche parte del mondo i giovani possono ancora realizzare i loro sogni!
Ah, ultima menzione d’onore: i costumi. Stratosferici. Astonishing. Tutti diversi fra loro, ognuno era un’opera d’arte…
Un altro momento in cui a stento ho trattenuto le lacrime è stato quello dei “saluti” agli attori… insomma, gli applausi finali. Quando Teal-Elphaba e Laura-Glinda si sono abbracciate, ho avuto una visione della mia Paciu su un palco del genere… Paciu, secondo me there’s where you belong, e non mi stancherò mai di dirtelo!

Insomma, non so cos’altro aggiungere se non che sono passata dalla sponda degli scettici a quella dei sostenitori assoluti: se vi capita di essere a New York o a Londra dovete assolutamente andare a vedere questo spettacolo!
Per quanto mi riguarda, mi sa che prima di tornare a casa ritenterò la lottery per godermelo di nuovo…

Concludo con una parte del brano “Defying gravity”:
Unlimited
Together we're unlimited
Together we'll be the greatest team
There's ever been
Dreams, the way we planned 'em
...If we work in tandem
There's no fight we cannot win
Just you and I
Defying gravity
With you and I
Defying gravity
They'll never bring us down!

Ps: ho già detto GRAZIE SAUROOOOOOOOO ? :D
Pps: non c'entra con Wicked, ma vi ricordo che il post sui ristoranti è in continuo aggiornamento! 

mercoledì 16 febbraio 2011

Sick and tired and far from home


Mi sono ammalata. E dibbrutto, anche.
Non starò certo a raccontare nei dettagli cosa mi è capitato, ma diciamo che ho avuto una brutta influenza con un po’ di complicazioni.
Il motivo per cui ne sto scrivendo è che ho toccato con mano il sistema sanitario americano, l’ho toccato abbondantemente per non farmi mancare niente in questa esperienza d’oltreoceano!

La prima volta, sabato, avevo bisogno di vedere un medico. Dopo aver contattato la mia compagnia di assicurazione, ho scoperto che l’unico modo era andare al pronto soccorso di un ospedale qui a Brooklyn. Ho provato l’ebbrezza di chiamare prima l’ospedale – parlando per mezz’ora con una che mi prendeva per il culo perché le chiedevo di ripetere le parole che si era appena mangiata – poi l’ambulanza, perché ero troppo debole per andare in taxi o in qualsiasi altro modo. Poi ho parlato con la mia coinquilina che m’ha fatto venire l’ansia dicendo che un viaggio in ambulanza costa sui 5000$, come se non fossi già abbastanza sconvolta dal fatto che stavo male e che stavo per andare al pronto soccorso in un luogo sconosciuto lontano mille miglia da casa. Bene.
Quelli dell’ambulanza, che è arrivata in frettissima fra parentesi, mi hanno rassicurato: mannò, il trasporto costa solo 500/600$! Fiuuuu che sollievo… o.O
Va bè. Alla fine sono andata con questi due vigili del fuoco giganti gentili, che mi hanno accompagnato al pronto soccorso.
Non dico che fosse l’inferno, ma il purgatorio sì però.
Non tanto perché fosse sabato sera, e si sa che di sabato sera c’è sempre movimento, ma più che altro per: struttura, fauna e personale.
Struttura: avete presente un qualsiasi ER visto in un qualsiasi film o telefilm? Ecco, esistono veramente! Un corridoio con tanti letti uno di fianco all’altro, separati da tendine che vengono tenute praticamente sempre aperte… privacy pari a zero, e se il tuo vicino di letto ha la peste bubbonica te la prendi anche te in cinque minuti. Metto in questo punto anche il trauma di doversi cambiare in un bagno lercio per mettersi quelle “meravigliose” vestaglie di carta che ti permetteranno di congelarti per le successive 12 ore. Aggiungo, per non farsi mancare niente, che il lenzuolo che mi hanno dato per coprirmi aveva un pezzo di garza appallottolata attaccato sopra col cerotto. Lavato bene, mi hanno detto. Non pensiamoci che è meglio!
Fauna: il 50% era composto di individui vomitanti, febbricitanti e company. Il 30% erano senza tetto ubriachi che urlavano come dei pazzi prima di addormentarsi di sasso sul loro letto. Il 20% erano persone con al seguito agenti di polizia, che venivano ammanettate ai letti e avevano le catene ai piedi. Non commento neanche, diciamo che ero un po’ allibita, non è proprio un posticino piacevole dove passare il sabato sera (scusa Ilaria!).
Personale: ci fosse uno, uno soltanto che mentre trafficava con aghi e robe varie mi abbia per lo meno detto “Salve, mi chiamo Pierfausto, sono il tuo infermiere, ti sto facendo la tal cosa”. No no: arrivavano lì, smanettavano, e se non avessi chiesto io cosa mi stessero mettendo nel sacco della flebo loro di sicuro non me lo avrebbero fatto sapere. Poi leeeeeeeeeeenti ma leeeeeeeeeeenti che più lenti non si può! Prima che un medico mi vedesse son passate quattro ore, e la visita poi è durata quei 10 secondi che sicuramente tolgono ogni dubbio.
Insomma, alla fine della fiera mi hanno rispedito fuori alle 6.30 di domenica mattina, dopo 12 ore di flebo e dei raggi all’addome. Ero debolina come un fuscello, e avevo talmente tanta fame che non stavo in piedi (ovviamente ho chiesto se avessero del cibo ma no, non ce n’era più).
Ah, fra l’altro le medicine che mi hanno prescritto costano la bellezza di 180$... ammazza!!!

Vabbè, esperienza numero uno conclusa!

L’esperienza numero due l’ho fatta nel pronto soccorso di un altro ospedale, molto più figo, l’NYU Langone Medical Center. Per fortuna l’angelo che mi ha accompagnato sapeva che cambiare aria sarebbe stata una scelta migliore… e così abbiamo fatto.
Appena arrivata, ho scoperto che la sola accettazione al pronto soccorso di quell’ospedale sarebbe costata 1200$... ho benedetto l’assicurazione, e poi ho pensato che gli Stati Uniti non sono proprio il luogo adatto dove stare male, se non sei ricco!
La cosa che ho notato subito in questo posto, a differenza del primo, è stata la gentilezza del personale: intanto, tutti si presentavano non appena iniziavano ad interagire con me, e poi ad esempio le infermiere erano quasi materne, una mi ha abbracciato chiedendomi come mai fossi lì, l’altra mi ha chiesto ogni volta se avessi tutto quello di cui avevo bisogno… in più ho scoperto l’esistenza di figure per noi impensabili, come una ragazza il cui compito è quello di assicurarsi che nessuno si approfitti di te durante l’attesa. Per non parlare di tutti i volontari che ti chiedono se hai bisogno di qualcosa, e dei medici che se vedono che sei lì ad aspettare da più di un tot, ti si avvicinano e ti fanno una visitina veloce su due piedi, così per riempire un po’ il tempo. Alle pareti c’erano schermi LCD con l’elenco dei pazienti ed una serie di codici che identificavano lo status, il medico e l’infermiera di riferimento, e tutto ciò che era in movimento per ognuno. La vestaglietta che mi hanno fatto indossare era di stoffa e si chiudeva su un fianco (alleluia), e il bagno era persino pulito. Ad un certo punto, mentre ero sulla barella, è arrivato un qualche angelo che mi ha coperto con un panno caldo… garantisco che in quella situazione è stato un momento di puro godimento. Poi ho avuto modo di congelarmi, più tardi, ma va bè nessuno è perfetto.
Le visite che mi hanno fatto qua le definirei decisamente approfondite, e sinceramente non oso immaginare quanto siano costate! Fra l’altro, a parte le radiologhe che erano donne di mezza età, per il resto tutti i medici che mi sono ronzati intorno erano giovanissimi, molti credo non fossero nemmeno trentenni! Che bello vedere tutta quella gioventù iper attiva e così competente! :)
Fra l’altro vorrei dire a tutte le giovini donzelle in cerca di marito – me compresa – che in quell’ospedale secondo me si può trovare senza troppa fatica! Baldi e giovini dottori che scorrazzano a destra e a manca… l’importante è non andarci in veste di paziente, perché probabilmente in quei casi non si appare proprio al top delle proprie possibilità. Ma se siete a New York e qualche vostro amico si sente male, suggeritegli il pronto soccorso dell’NYU ed accompagnatelo! :D
Della serie “cerchiamo sempre di trovare il lato positivo”…

Insomma, per concludere tutto ciò vorrei dire che:
-         Ammalarsi seriamente negli Stati Uniti è un’impresa, quindi siate sempre sani, mi raccomando. E se siete di salute cagionevole, non venite a vivere qua.
-         Stare male lontano da casa, e lontano dalle cure della mamma, fa proprio schifissimo. Mi ci vorrà un po’ per superare il trauma…
-         Quando sei lì fermo nel letto e non riesci a dormire, ti metti a pensare e pensare e pensare. Una volta ho letto una frase che mi è piaciuta, diceva qualcosa tipo: “Per sapere dov’è il tuo cuore, guarda dove va la tua mente quando la lasci vagare”.  Ecco, in quella marea di pensieri, che andavano a parare sempre negli stessi angolini, ho avuto la conferma di dov’è il mio cuore… poi la sofferenza fisica mi ha dato il coraggio di dirlo chiaramente a me stessa e “agli angolini”… e ne sono felice!

Ora però basta star male, vorrei ripigliarmi e andare a mangiare un hamburger da Dumont... grazie!

giovedì 10 febbraio 2011

The Phantom of the Opera



Prima di tutto, devo dire grazie. A chi o cosa non lo so, ma grazie perché questa malefica influenza ha aspettato la domenica mattina per colpirmi. Certo, poteva anche evitare, ma nella sfiga per lo meno sono riuscita ad andare a vederlo. Lui, uno dei miei grandi amori.
L’ho ritrovato dopo lunghi anni, la prima volta aveva un accento british, stavolta americano doc. Fra i due incontri fisici, mi ha tenuto compagnia con la faccia e la voce di Gerard Butler, che non è mica male.
Stavolta, ero emozionata come la prima. Anzi, di più, perchè sapevo cosa mi aspettava!
Ed ecco che mi sono ritrovata, dentro un teatro enorme e pieno di scale, circondata da migliaia di persone ma talmente assorbita da non notarle nemmeno, a canticchiare fra me e me tutte le canzoni, a scandire le battute, a commuovermi per la sofferenza del fantasma e a fare il tifo per lui, pur sconvolgendomi – di nuovo, come se fosse la prima volta – di fronte alle conseguenze estreme del suo dolore.
Sono rimasta a bocca aperta per la bravura degli interpreti, che ammiro dal profondo del mio cuore, in primis Christine-Sara Jean Ford, ma anche il Phantom-Hugh Panaro e Raoul-Sean MacLaughlin… e tutti gli altri a seguire.
Non c’è niente da fare, questo musical evidentemente fa vibrare dentro di me delle corde sensibili, perché sento che resterà sempre il mio preferito, per quanti altri ne possa vedere.
Certi brani sono così belli da essere indescrivibili, quelli del Fantasma poi sono impregnati di tante sfumature emotive, spesso oscure, che li rendono perennemente affascinanti e portatori di brividi.
Per esempio, questo è secondo me uno dei brani in assoluto più belli e densi di significato di tutto il musical: The Music of the Night. (l'avrei voluto tradurre, ma ho notato che in italiano perdeva tutta la sua musicalità, quindi ho evitato...)

Night-time sharpens,
heightens each sensation
Darkness stirs and wakes imagination
Silently the senses abandon their defences ...

Slowly, gently night unfurls its splendour
Grasp it, sense it - tremulous and tender
Turn your face away
from the garish light of day,
turn your thoughts away
from cold, unfeeling light -
and listen to the music of the night ...

Close your eyes and surrender to your
darkest dreams!
Purge your thoughts of the life
you knew before!
Close your eyes,
let your spirit start to soar!
And you'll live
as you've never lived before ...

Softly, deftly,
music shall caress you ...
Feel it, hear it,
secretly possess you ...
Open up your mind,
let your fantasies unwind,
in this darkness which
you know you cannot fight -
the darkness of the music of the night ...

Let your mind start a journey
through a strange new world!
Leave all thoughts
of the world you knew before!
Let your soul take you where you
long to be !
Only then can you belong to me ...

Floating, falling, sweet intoxication!
Touch me, trust me savour each sensation!
Let the dream begin,
let your darker side give in
to the power of the music that I write -
the power of the music of the night ...

You alone can make my song take flight -
help me make the music of the night . . .


...a presto, Angel of Music!

venerdì 4 febbraio 2011

Son curiosa, cosa posso farci??? :)

Dopo aver scoperto, con mio grande stupore - e anche gioia, e orgoglio, e chipiùnehapiùnemetta - , che il blog ha ricevuto visite da tutte le parti del globo, mi è sorta una domanda:

chi siete?

Non lo chiedo in tono inquisitorio, ovviamente, ma solo perchè sono sinceramente curiosa!
Voi che dal Brasile, dalla Germania, dalla Bolivia, da un pò ovunque (e anche dall'Italia) siete capitati qui, e magari ci siete tornati per leggere un mio post... chi siete? Cosa fate? Come siete arrivati fin qui?

Se commenterete questo post con qualche briciola di voi, ne sarò felicissima!
Grazie grazie grazie!


***Update: vi pregoooooo ditemi una parolina, anche una sola! Sto morendo dalla curiosità, ho appena notato un boom di visite dall'India, oltre che dalla Slovenia e da un sacco di altri paesi! :) ***

mercoledì 2 febbraio 2011

Fate l’amore con il sapore – dovecomecosa mangiare a New York (post finalmente concluso!)

In questo post cerco di elencare e recensire tutti – più o meno – i posti in cui ho mangiato qui a New York, in modo che chi vuole un consiglio possa trovarlo!
Ovviamente il mio non è un parere professionale, ma vi garantisco che sono molto golosa e anche molto esigente… quindi mi auto-sposorizzo come persona adatta a dare consigli in merito al cibo. ;)
In più, come potete notare, in quattro mesi e mezzo di posti ne ho provati un bel po’… e pensate che di mesi me ne mancano ancora due! :D
Per questo cercherò di essere sintetica, se poi volete informazioni più dettagliate su qualcosa di specifico potete scrivermi e ve le fornirò.

*** Nota: per capire la questione del "sanitary inspection grade", leggete questo articolo comparso su NUOK! ***
Siccome le operazioni si stanno rivelando più lunghe del previsto, inserirò le recensioni un pò alla volta, in ordine alfabetico, corredandole di foto! ;)

Chiedo scusa a chi non sopporta la parola "brunch", perchè se la vedrà comparire davanti spesso... giuro che la userò solo quando è strettamente necessario! D'altronde il brunch è diverso dal breakfast e dal lunch, quindi mettetevi l'anima in pace ed accettatelo! :D

Enjoy!

Ako 

Locale molto carino, a luci soffuse, con arredamento “pulito e lineare” stile jap moderno. Vastissima scelta di piatti nel menu, con pesce sia crudo che cotto, zuppe, noodles, dolci… insomma tutta la cucina giapponese nelle sue varianti. Le porzioni sono decisamente abbondanti, anche quelle delle rolls (su cui altri locali lesinano). Tutti i piatti sono molto coreografici, ma i “sushi platters” sono veri e propri capolavori di architettura e colore, serviti su più livelli e con in cima alla piramide un simpatico bicchierino da martini con tanto di lucina colorata al suo interno e fiori a completare l’opera. Una meraviglia, per gli occhi e anche per il palato! Tutto decisamente gustoso, sia il cibo cotto (nel nostro caso miso soup, combo tempura e riso fritto coi gamberi) che quello crudo (le mie meravigliose e buonissime marble trio rolls). I prezzi sono medi, il servizio molto cordiale e veloce.
Voto: 8.5
Sanitary inspection grade: non ancora valutato

Bakery che ha varie location, io sono stata in quella che si trova dentro al Chelsea Market. Vendono pane, focacce ed altri prodotti salati di vario genere, oltre a tutti i dolci della tradizione americana. Io ho mangiato un ottimo maxi-cookie, quello classico con le gocce di cioccolato, e devo dire che è uno dei più buoni che abbia assaggiato a New York. Perfetto bilanciamento di dolce/cioccolatoso/burroso e salato… grazie proprio ad alcuni granelli di sale contenuti nell’impasto, che gli davano quel piacevolissimo “quid” in più. I prezzi sono quelli soliti di questo tipo di prodotti. La particolarità di questa bakery è che è dotata di vetrate a vista sulla zona in cui pane&co vengono impastati, lasciati lievitare e cotti… interessante, per i curiosi che vogliono dare un’occhiata al procedimento di produzione!
Voto: 8
Sanitary inspection grade: A
 
Argo Tea Cafe
Se siete amanti del the, questo è il vostro paradiso. Se non lo siete (come me), qui lo diventerete. Tantissimi tipi di the, semplici o inseriti in drink super fantasiosi (caldi o freddi) che vi consiglio vivamente di provare perché il vostro palato ne rimarrà molto soddisfatto! Personalmente ho provato il “teappuccino” alla nocciola (in questo caso potete scegliere il tipo di the e di latte che desiderate) ed il “red velvet” (the rosso + lampone + cioccolato bianco + latte a scelta). Ovviamente hanno anche diversi tipi di caffè, ma non è la loro specialità. Vendono anche bakery dolce e salata, nonché insalate (i salati sono tutti molto salutari). Non solo, c’è una piccola zona-shop dove potete trovare un sacco di accessori per il the e moltissimi tipi di the astrusi (e molto sfiziosi) che vengono venduti sfusi. Personalmente trovo che questo posto sia un’ottima alternativa a Starbucks, per chi ama la teina e i luoghi un po’ meno stereotipati (anche qui potete trovare prese per il computer e linea wifi, quindi è ottimo anche da questo punto di vista). I prezzi delle bevande “base” sono leggermente più alti che in altri posti, ma per il resto siamo lì nella media.
Voto: 8
Sanitary inspection grade: B


Meraviglioso gioiellino, uno dei tanti che si possono trovare a Williamsburg. Piccola bakery dall’influenza francese (non che l’abbia notato, ma lo dicono tutti e quindi lo dico anche io per fare un po’ chic), arredata in maniera adorabile con mobili di antiquariato ed angoli che sembrano usciti dalla casa delle bambole. Vendono dolci di pasticceria secca, con dei piccoli tocchi di originalità che li rendono un po’ diversi dal solito: io ho mangiato un enorme cookie con arachidi intere e cioccolata sciolta nel mezzo (mentre solitamente si trovano col burro d’arachidi e i pezzi di cioccolata dura), con sopra una spolverata di sale grosso. Buonissimo. Propongono anche tante bevande fra cui molti tipi di the. In più, cosa rara nelle bakery newyorkesi, vendono anche il pane! E nella prima parte della giornata ci si può anche consumare un pasto veloce (credo per lo più a base di panini farciti). Personale molto pittoresco (ragazze che indossano delle tute da lavoro azzurre, un po’ tipo quelle dei meccanici), prezzi medi. Decisamente un posto che merita!
Voto: 8
Sanitary inspection grade: non ancora valutato

Locale sotterraneo, spazioso, che ospita quotidianamente eventi musicali spesso anche di primo livello (ci hanno suonato i più grandi maestri del blues) e che organizza fra le altre cose dei fantastici “brunch musicali”. Personalmente sono andata due volte al gospel brunch, animato dall’Harlem Gospel Choir. Esperienza unica! Ok, costa parecchio, ma include il loro meraviglioso spettacolo oltre che un buffet stile “soul”, in cui ovviamente potete trovare tutte le portate tradizionali americane salate e dolci. Vi alzerete da lì super-appesantiti, ma tranquilli che passerà. E anzi, vi consiglio di trafugare un po’ di brownies (ottimi) da portare via. Attenti però, che se ordinate da bere qualcosa di extra (che non sia caffè, the, succo d’arancia o acqua del rubinetto) lo pagherete più che profumatamente.
Voto: 8 (più per il gospel che per il brunch, a cui avrei dato un 7)
Sanitary inspection grade: non pervenuto
Un posticino molto cozy e arredato in modo caratteristico, minuscolo ma pieno di tavolini e dotato di rete wi-fi. Ottimo per una colazione, un pranzo veloce o qualche ora di relax sorseggiando un caffè… o magari uno dei loro enormi cappuccini super schiumosi! I dolci (dai cookies ai muffin, dai croissant ai brownies, eccetera) provengono da una bakery che dista due block da lì (Dough, che potete trovare recensita sempre in questo post) e sono originalissimi e decisamente buoni. Vendono anche qualche prodotto di bakery salato, e nel menu potete trovare diversi tipi di sandwich o bagle, insieme all’elenco degli ingredienti nel caso abbiate voglia di qualcosa di differente. I prezzi sono bassi, il servizio è cordiale (i sorrisi delle ragazze vi metteranno molto a vostro agio) anche se un po’ lento… ma di una lentezza che ci sta bene, è perfetta in quel contesto. Curiosità: al muro è appesa una lavagnetta che recita “Regala un caffè ad un amico”… nella colonna di destra, il mittente può scrivere il suo nome, e in quella di sinistra deve invece scrivere il nome di chi riceverà il caffè. Isn’t it cute?
Voto: 8
Sanitary inspection grade: A
Il primo ristorante in cui ho mangiato. Locale molto bello e spazioso, stile New Orleans con tanto di alligatore impagliato alla parete. Ottimi hamburger di tanti tipi, serviti con curly o waffle fries. Vi sconsiglio il panino con il portobello mushroom al posto del burger, a meno che non vi piacciano le marinature molto molto aspre. Porzioni abbondantissime. I cocktail costano decisamente poco, soprattutto perché ogni giorno hanno degli specials a prezzo scontato (dai 5$ in su), e sono decisamente buoni. Musica in sottofondo, megaschermi per partite e compagnia bella. Servizio veloce e cordiale. Prezzi medi/medio bassi.
Voto: 8
Sanitary inspection grade: A
Dunque. Il locale è molto caratteristico (hanno diverse location, non so se siano tutte così belline), molto americano, ripieno di decine e decine di tv di tutte le taglie, sintonizzate sui match sportivi. E’ il tipico locale in cui andare a far casino con un gruppo di amici, soprattutto se siete del genere “Oggi ho proprio voglia di alette di pollo barbecue e birra a fiumi, mentre guardo il superbowl”. Io ci sono andata in compagnia, una sera in cui c’era il karaoke con la live band invece delle solite basi… di sicuro ci si diverte! Il cibo non è niente di speciale, anzi l’hamburger era piuttosto insoddisfacente. Se siete amanti della salsa barbecue, loro ne hanno un sacco di tipi diversi in cui potete inzuppare tutto l’inzuppabile. Le cameriere sono molto socievoli. Molto! E bevono :D I prezzi non li ricordo precisamente, ma mi pare fossero medi.
Voto: 6
Sanitary inspection grade: non ancora valutato
Location da sogno: locale enorme, arioso, con vetrate giganti che affacciano sul ponte di Brooklyn. Hamburger ottimi e consigliatissimi, ma ho visto sugli altri tavoli anche dei piatti “da brunch” che mi hanno lasciato a bocca aperta… diciamo che erano invitanti (anche se le porzioni erano decisamente troppo abbondanti)! Hanno anche una bakery, quindi immagino che i dolci siano decisamente buoni, ma non li ho provati. Prezzi medio-bassi. Staff non particolarmente degno di nota, ma nemmeno il peggiore che ci sia. Nota per i cinefili: tenete d’occhio i film (italiani) che usciranno in primavera, perché in uno di essi troverete questo locale. ;)
Voto: 8
Sanitary inspection grade: A

Il posto è abbastanza piccolo e affollato (è anche vero che ci sono andata la sera di Halloween), la musica in sottofondo potrebbe renderlo un po’ chiassoso, ma è comunque piacevole. Hamburger soddisfacenti – ed abbondanti tanto per cambiare – e fantasiosi, io per esempio ho preso il salmon burger e mi è piaciuto un bel pò! Servono anche piatti che con i cicciaburger non hanno niente a che fare, quindi il menu asseconda un po’ tutti i gusti. Ottimo anche il mojito con cui abbiamo annaffiato la cena. Prezzi medi, servizio cordiale e veloce.
Voto: 7
Sanitary inspection grade: non ancora valutato
  

Non ho idea di come si presenti il locale, perché ho semplicemente ordinato una pizza a domicilio. Il menu propone, oltre ai piatti della tradizione italo-americana, pizze speciali – con ingredienti prestabiliti dallo chef – o pizze “base” a cui potete aggiungere i topping che desiderate scegliendoli dall’immenso elenco, dopo ovviamente aver deciso di che taglia volete la pie. Non aspettatevi la pizza napoletana autentica, ma piuttosto un’ottima pizza newyorkese! Di sicuro le vostre papille gustative saranno soddisfatte, a meno che non siate proprio dei puristi del genere. I prezzi sono bassi o medi, a seconda di come ve la giostrate. Noi abbiamo speso 17$ per una pizza enorme che ha sfamato tre idrovore… direi che ci è andata più che bene! Per la consegna a domicilio (veloce e puntuale) dovete spendere almeno 10$.
Voto: 8
Sanitary inspection grade: A

Menu tradizionale americano, locale in stile diner anni sessanta americano, con tanto di vetrinetta-frigorifero per delle torte a mille strati… molto americane. Il cibo è buono, non esorbitante ma buono. Io sono andata la sera del Thanksgiving, quindi la cena era a prezzo fisso (basso) e prevedeva tre portate molto traditional e gustose – c’è bisogno di dire che anche qui le porzioni sono abbondanti? Da provare assolutamente: la Coca-cola cake, una torta di pan di spagna al cioccolato fondente a tre strati, farcita e ricoperta con crema al cioccolato, servita calda… una fetta copre il fabbisogno energetico di una giornata intera, ma merita alla grande!
Voto: 7
Sanitary inspection grade: B 

Café piccolo e carino che offre per tutto il giorno una vasta scelta di prodotti da bakery dolci e salati, più o meno “healthy”, anche vegani per chi lo desiderasse. Inoltre propone piatti più sostanziosi – e allettanti, dato che si discostano leggermente dalla monotonia di quelli di altri locali - per un brunch o un pranzo, e ovviamente tutte le bevande calde e fredde che si trovano sempre in questo genere di locale. Il servizio è veloce e sorridente, i prezzi bassi. Attenzione solo al fatto che chiude alle 6 di sera… per cui se prevedete di farci una merenda in compagnia, non andateci troppo tardi!
Voto: 7
Sanitary inspection grade: A

Chikalicious


Purtroppo (o per fortuna) sono riuscita a visitare questo luogo incantato solo ora che sono agli sgoccioli… se l’avessi fatto prima, adesso peserei qualche chilo in più e sarei a rischio diabete! Avete presente le cupcakes di Magnolia? Ecco, scordatevele. A mio parare, queste sono molto, ma molto più buone! Forse leggermente più piccoline… ma poco male, vorrà dire che se ne mangeranno due! Poi, vi sembrerà che dica un’eresia, ma sono leggerissime. Sarà che ho preso una red velvet e non una di quelle super cioccolatose (anche se la triple chocolate ha riscosso un certo successo, quindi mi sento di potervela consigliare anche se non l’ho mangiata personalmente)(per ora), ma l’impasto è morbido e leggero, e il frosting è semplicemente perfetto. Dolce ma non troppo, morbido ma non troppo burroso, sembra quasi una spuma più che una crema al burro – e apprezzo moltissimo questo dettaglio. I gusti delle cupcakes sono tanti ed originali, e verrebbe davvero voglia di provarli tutti… per non parlare del resto del menu!!! I prezzi sono quelli standard della bakery, quindi secondo me bassi rispetto alla qualità offerta. Il locale è piccino picciò, però noi siamo riusciti lo stesso a spiaccicarci sul bancone lungo il muro e a mangiare lì. Nota interessante: esattamente di fronte alla bakery, dall’altro lato della strada, c’è il “Chikalicious Dessert Club”, un locale tutto bianco scintillante e chic in cui si siede al bancone e si possono gustare dei dolci super attraenti con abbinamenti alcolici. Credo che sia un luogo molto ambito, a giudicare dal cartello esterno che diceva di andare a lasciare il proprio nome e numero di telefono, in modo da essere richiamati una volta arrivato il proprio turno.
Voto: 9
Sanitary inspection grade: A
Dunque, il locale è abbastanza spazioso, ma evidentemente anche apprezzato quanto basta da essere stracolmo di gente (e per quello che so, non accettano prenotazioni per il brunch), tanto che potrebbe capitarvi di dover aspettare anche un’ora prima di sedervi. E magari vi dovrete sedere a metà fra due tavolini di altezze diverse, con relativa difficoltà di gestione del piatto una volta che ce l’avrete davanti. Il menu del brunch è abbastanza ampio, soprattutto per la sezione “salato”, mentre per quanto riguarda il dolce non c’è molta scelta… ma le poche pietanze presenti ispirano parecchio! Le porzioni sono molto abbondanti, però tenete conto che in alcuni piatti è incluso il contorno e in altri no… nel caso vi interessasse! Rapporto qualità prezzo, secondo me, sfavorevole: sinceramente mi è parso che costi più di quello che merita. Servizio efficiente.
Voto: 7-
Sanitary inspection grade: A


Allora, parliamone. Ho mangiato in questo locale perché i loro hamburger vengono considerati i migliori di New York. Il mio commento è: “Ma de che?!”. Ok, è un locale storico, è unico nel suo genere (mah), ma sinceramente mi ha colpito molto negativamente. Non hanno un menu, e può anche avere senso dato che i piatti proposti sono tre o quattro in tutto. Hanno il cheeseburger, ma se chiedi di poter avere le patatine fritte con sopra una fetta di cheddar, ti dicono che assolutamente non si può (quindi non andate lì con amici vegetariani). Piatti di plastica, patatine “industriali”, pane dell’hamburger anche lui industriale, al livello di quelli di McDonald. La carne è buona, è vero, ma non risolleva il livello di tutto il resto. Il nonnino che prende le ordinazioni è molto caratteristico ma anche abbastanza scortese. C’è parecchio casino nel locale, essendo così rinomato. I prezzi sono molto bassi, e direi anche giustamente.
Voto: 5
Sanitary inspection grade: in sospeso

Crumbs
Una volta ho sentito le mie compagne di università che discutevano sulla qualità delle cupcakes, e si indignavano perché tutti considerano quelle di Magnolia le migliori in assoluto. Loro non erano d’accordo, e hanno nominato più di una volta Crumbs come bakery detentrice del primo posto nel podio delle cupcakes. Ovvio che ho dovuto verificare, non limitandomi alla cupcake ma anche alla whoopie pie, entrambe al gusto red velvet (non entrambe nello stesso giorno però, sarebbe stato troppo!). Tutte e due discrete, molto dolci, col frosting burroso ma non eccessivamente e l’impasto molto morbido, soprattutto quello della cupcake – che peraltro è decisamente enorme (e costa infatti di più di quelle che si trovano in media nelle altre bakery). L’impressione che ho avuto è però che siano dolci fatti un po’ in serie, troppo pastrocchiati pur di renderli accattivanti visivamente, e che costino troppo rispetto a quello che valgono. Un po’ un’americanata, insomma. C’è di meglio: andate a mangiare le vostre cupcakes altrove!
Voto: 7 --
Sanitary inspection grade: A

DimSum GoGo

Ristorante cinese a Chinatown (coerentemente). Abbastanza spazioso ma sempre affollatissimo, è possibile che dobbiate aspettare prima di potervi sedere al tavolo. Il servizio è… difficile. Prima che vengano a chiedervi le ordinazioni o che vi portino il conto, vi sembrerà che siano passati secoli. In più, la maggior parte dei camerieri in realtà non parla inglese quindi sarà forse un po’ arduo farvi capire. A parte ciò, hanno un milione di piatti di tutti i tipi (ma per capire cosa state ordinando dovete padroneggiare i termini “cibiferi” cinesi), ma sono famosi soprattutto per i loro dim-sum, ovvero i ravioli al vapore (o fritti, in alcuni casi) che contengono ripieni di decine di tipi diversi. Nel servizio è compreso un the leggero con cui pasteggiare. Prezzi bassi o al massimo medi.
Voto: 7
Sanitary inspection grade: non ancora valutato


Dough
Minuscola bakery in zona Clinton Hill a Brooklyn, che inforna e produce – in vetrina, quindi potete osservare tutto il processo live - un sacco di tipi di dolci (venduti per esempio al Bedford Hill Coffee Bar di cui ho parlato sopra), ma che vende solo ed esclusivamente ciambelle! Oltre alle bevande ovviamente, e a qualche prodotto confezionato come the, miscele per fare dolci e cioccolata. Ma torniamo alle loro ciambelle: sono ENORMI e i gusti sono decisamente diversi dai soliti. Ad esempio, potete trovare la doughnut al dulce de leche e mandorle, quelle più classiche al coffee latte o al cioccolato, quelle al limone e semi di papavero, all'arancia rossa, oppure al nonmiricordocosa e fiori di ibisco e tutta una serie di altri abbinamenti strani che purtroppo non ricordo… senza dimenticare che hanno anche dei goduriosi bomboloni alla nutella! Ognuna di queste delizie mi pare costi 2$, e li vale tutti (se non di più). Il caffè non era gran che invece, ma non si può avere tutto dalla vita! Il servizio è gorgeous: state lì 5 minuti e noterete la commessa che canta e balla al ritmo della musica diffusa nel negozio! :)
Voto: 8
Sanitary inspection grade: non pervenuto

Dumont Restaurant


Standing ovation per i loro hamburger!!! In assoluto i più buoni che io abbia mangiato nella mia vita. Carne perfetta, succosa e magra, pane artigianale, patatine fritte ottime, porzioni anche qui abbondantissime. Fantastici anche i loro mac’n’cheese, serviti, con o senza bacon, in “monoporzioni” con la loro bella crosticina sopra. Il menu è molto vario, ma sinceramente vi consiglio di buttarvi sull’hamburger senza esitazione… è imperdibile, garantito! Il posto è abbastanza piccolo e si riempie in fretta, potrebbe capitarvi di dover aspettare prima di sedervi. Bello anche il giardino sul retro, che d’inverno viene chiuso e riscaldato con stufe in modo da poter continuare ad utilizzarlo. Ma se fuori è molto freddo, cercate di evitarlo se riuscite: le stufe non sono onnipotenti, e, per quanto caratteristico, mangiare al gelo non è la cosa più simpatica del mondo. Prezzi medi/medio alti.
Voto: 9
Sanitary inspection grade: in sospeso

Ellen's Stardus Diner


Antefatto: questo locale è unico nel suo genere, è un diner stile anni 50, in cui i camerieri sono giovani cantanti/attori/ballerini che stanno studiando per lavorare negli spettacoli in scena a Broadway, e che mentre servono ai tavoli cantano in mezzo ai clienti-pubblico, spesso coinvolgendo nella performance (come si può vedere in questo video, che ho girato io)! Per quanto riguarda il cibo, è quello tipico da diner: ipercalorico e alquanto fritto, ma anche per questo soddisfacentemente gustoso. Gli hamburger però lasciano un po’ a desiderare, non tanto per la carne quanto piuttosto per il panino, che non viene scaldato – porca miseria. Anche i dolci non sono male, e molto buono è il caffè alla nocciola. Prezzi medio/alti, ma sinceramente non mi dispiace dato che il locale è così particolare. Servizio… bè, coi fiocchi e controfiocchi! :D
Voto: 8
Sanitary inspection grade: non ancora valutato

Europan Bakery Café


Una bakery decisamente ben fornita: dalla pasticceria secca (tipo cookies & co), a quella al cucchiaio (torte cremose che sembrano capolavori), fino ad arrivare a panini e wraps di tutti i tipi possibili immaginabili, farciti così tanto che sembra debbano esplodere da un momento all’altro. Ci metterete una vita a scegliere ciò che volete. Le torte non sono male, ma non sono nemmeno tanto buone quanto ci si aspetterebbe a vederne l’aspetto. Il caffè – mi dicono – era bruciato. Prezzi medio alti. La cosa buona è che c’è abbastanza spazio da potersi sedere e, come nel nostro caso, la cosa si rivela utile se fuori c’è un tempo da lupi. Insomma, senza infamia e senza lode… ma non credo ci tornerò.
Voto: 6
Sanitary inspection grade: A


Ristorante arredato splendidamente, con chef italiano che cucina in modo divino sia piatti italiani che americani. Ci sono andata quasi sempre per il brunch, a parte in un’occasione in cui ho cenato lì, e devo dire che sono sempre rimasta più che soddisfatta! Sia i pancakes che i piatti salati sono decisamente ottimi (e abbondanti, a volte persino troppo!). I dessert sono da acquolina in bocca, e la cosa che adoro di questo locale è che alla fine del pasto ti portano delle palline di pastella fritte e spolverate di zucchero, da intingere in una cremina alla vaniglia che… chevvelodicoaffà! Varrebbero il viaggio da sole! Prezzi decisamente bassi rispetto alla qualità di ciò che viene offerto, servizio giovane e cordiale, a volte un pochino lento quando si tratta di chiudere il conto.
Voto: 9
Sanitary inspection grade: non ancora valutato

Food Court at Pier 17


Dentro al famoso centro commerciale Pier 17, a South Street Seaport, fra le varie cose c’è anche una “food court”, ovvero una specie di atrio su cui si affacciano una decina (almeno) di ristoranti take away. Soluzione comodissima quando si è in diversi amici e non si riesce ad accordarsi su dove andare a mangiare! Semplicemente, ognuno può scegliere il proprio bancone preferito, prendere il proprio piatto e poi andare a consumare il pasto ad uno dei tavoli comuni. I prezzi sono generalmente molto bassi, soprattutto se si tratta di cibo asiatico. La qualità non è eccelsa ma è comunque soddisfacente!
Voto: 7
Sanitary inspection grade: non pervenuto.





Ecco a voi delle menti geniali: in questo piccolo locale di Williamsburg vengono serviti tutti i piatti tipici da fast food (hamburger, hot dog, patatine, fish&chips, mac’n’cheese, alette fritte con tutte le loro salse, milk shakes e compagnia bella)… ma sono tutti finti! Sì, anche quei bastoncini di pesce che hanno il sapore e la consistenza esatta dei bastoncini findus… in realtà sono di tofu! O seitan, non sono così esperta da capire la differenza… ma se siete vegani, potete stare tranquilli: in questo locale potete mangiare tutte le prelibate schifezze che di solito vi sono precluse, perché non troverete nessuna traccia di carne, pesce, uova o altri derivati animali. Figo eh? E se siete onnivori, perché non lasciarsi tentare per una volta dalla curiosità di provare una “mock wing” (aletta di pollo finta)? Resterete stupiti: non solo il sapore è quello delle ali di pollo vere, ma troverete persino un simpatico bastoncino di legno che simula l’osso! :D Le porzioni sono megagalattiche, tenetene conto quando ordinate e non fatevi prendere troppo la mano dalla curiosità! I prezzi sono bassi, il servizio è simil-self… non ci sono camerieri, come nei veri fast food dovete andare al bancone ad ordinare e ritirare le vostre pietanze. Ah, non servono alcolici nel locale: se li volete, comprateli ad un liquor store (ce n’è uno poco distante) e potrete tranquillamente berli dentro.
Voto: 7
Sanitary inspection grade: non ancora valutato

Fortunato Brothers Bakery
Un bar-pasticceria italiano, italiano vero! Con tanto di rumore di tazzine e aroma di caffè… bè, non aroma forte come nei bar italiani, ma comunque c’è. Un bar coi tavolini, coi clienti abituali – anziani italoamericani che parlano in dialetto stretto - con il proprietario che organizza il pullman per andare a sentire Orietta Berti in Canada o.O . La pasticceria spazia dalle tipicità italiane (sfogliatelle, cannoli, marzapane e anche gelato) a quelle americane (cheesecake - molto buone - , cookies, torte che sembrano finte - quella al cioccolato merita!). Devo dire che mi è stato riportato con mio disappunto che il ripieno dei cannoli sa di cannella, il che è un’ingiuria incommensurabile, ma per il resto le paste sono buone. E cappuccino e caffè sono buoni pure loro. I prezzi sono un po’ altini, o per lo meno più alti di quelli di un bar pasticceria in Italia... ma qui siamo in Ammeriga! 
Voto: 7
Sanitary inspection grade: non pervenuto.

Che spreco di tempo e denaro! Fila chilometrica (un’ora e un quarto sotto il sole), locale stracolmo di tavoli, tanto che vi troverete a mangiare con i gomiti degli altri nel vostro piatto – ci mancavano solo i tavolini a castello (se esistessero sono certa che li userebbero). Viene spacciata come la miglior pizza di New York, ma non credeteci assolutamente, anzi posso dire che la pizza di qualsiasi Ray’s è più buona. Si possono scegliere due diverse misure ed aggiungere toppings secondo i propri gusti, ma la salsa di pomodoro è acidula, la mozzarella è in realtà plastica totalmente insapore e chimicamente bianca… l’unica cosa salvabile è l’impasto, anche se tendono a bruciarlo. Prezzi alti, decisamente troppo alti rispetto alla qualità. Per caso si capisce come la penso riguardo a questo posto?
Voto: 3
Sanitary inspection grade: in sospeso

Catena di locali dove potete trovare sostanzialmente zuppe, insalate (personalizzabili, come sempre, scegliendo gli ingredienti che volete mixare alla parte “verde”) e sandwich, con possibilità di combinazioni tipo insalata-zuppa o zuppa-sandwich. Le loro specialità sono proprio le zuppe: sono molto gustose, ne propongono di tantissimi tipi e sono tutte “fatte in casa”. Si può scegliere anche la taglia (piccola, media o grande), e sul menu – di fianco al nome della zuppa – si trovano delle lettere: V se è vegetariana, L se è a ridotto contenuto di grassi, D se non contiene prodotti caseari tipo burro, formaggio o latte. I prezzi sono medi, abbastanza alti sulle insalate come capita dappertutto. E’ un buon posto dove fermarsi per un pranzo veloce, se si vuole qualcosa di più sano del solito. Attenzione però perché la location dove sono andata io non aveva il bagno (va bè che c’è sempre il McDonald d’emergenza dietro l’angolo)!
Voto: 7
Sanitary inspection grade: A

Come dice la parola, l’Highline Ballroom non è un ristorante. È una ballroom: un locale, bello grande, molto fancy, dotato di palco dove ogni sera c’è un concerto diverso (anche di grandi nomi), e dotato anche di servizio bar e cucina. Il motivo per cui ci sono andata, quindi, era un concerto (meraviglioso, fra l’altro), però, intanto che ero lì, siccome c’è la consumazione obbligatoria al tavolo di almeno 10$ a testa e siccome l’ora era quella di cena, ci ho anche mangiato. I prezzi sono alti, a parte quelli di un paio di piatti che sono “solo” medi. Il problema è che pur essendo prezzi medi ed affrontabili, il piatto poi non riempie. Buono eh, per carità, niente di strabiliante ma buono e presentato in modo simpatico. Però non posso alzarmi da tavola con la fame dopo aver speso 30$! Anche i cocktail: non sono male, ma sono piccoli. Insomma: tutto potrebbe essere un po’ più buono e un po’ più abbondante, visto quanto si paga. Quindi, andateci a sentire musica - c'è solo l'imbarazzo della scelta! - e prendete il minimo necessario per coprire i vostri 10$ obbligatori, ma niente di più… uomini avvisati, mezzi salvati! Fra l’altro, servizio alquanto imbranato.
Voto: 6- (mi limito a giudicare il ristorante).
Sanitary inspection grade: non ancora valutato.

Mettete una gelida sera di finta primavera a New York. mettete un lungo pomeriggio a passeggio all’aperto fra strade e parchi. Mettete un’amica che sta filmando un timelapse di Manhattan dal Brooklyn Bridge Park. Mettete che state lì con lei un’oretta a farle compagnia. Mettete che ad un certo punto siete talmente assiderati che non riuscite nemmeno più a ragionare, per cui decidete di correre verso il Bubby’s Pie per mangiare qualcosa e riscaldarvi. Mettete che il ristorante in questione sia chiuso per un evento privato (che sfiga!)… vi tocca tornare indietro ed accontentarvi di quello che c’è. Proviamo la pizza? Ok, ma non Grimaldi che fa schifo. Proviamo sto Ignazio, proprio ai piedi del ponte. Dentro fa pure freddino, quindi non ci si riscalda. Servono acqua con interi iceberg galleggianti. Prendiamo due pizze grandi in cinque, una margherita ed una con carciofi e pepperoni (il loro salame leggermente piccante), che bastano a sfamarci (ma contate che noi tre donzelle abbiamo mangiato poco). Personalmente, non mi è piaciuta affatto. O meglio, l’impasto era passabile, il pomodoro pure, ma il formaggio… era troppo formaggioso, troppo forte! Credo che oltre alla “mozzarella” ci fosse anche un pecorino fintissimo… insomma, ho fatto fatica a finire la seconda fetta. Alla fine abbiamo speso abbastanza poco, però non ve lo consiglio comunque, a meno che non siate in emergenza come noi. Il servizio è un po’ trascurato, ci abbiamo messo un tot a farci portare il conto… e dire che il locale era praticamente vuoto!
Voto: 6 -
Sanitary inspection grade: B

Qui ho un conflitto d’interessi, è dura fare una recensione. A parte che è il ristorante in assoluto più vicino a casa mia (30 secondi a piedi), e poi il Passatore è il Passatore. Ne avevo anche già scritto in questo post. Le magliette dei camerieri – italiani - valgono il viaggio, il prosciutto crudo buono vero pure. Per il resto, buoni/molto buoni i primi, con sapori autentici e non “plastificati”. Discreti anche i dolci, anche se devo dire che il tortino al cioccolato forse lo faccio meglio io. Consigliatissima invece una specie di panna cotta al caramello e cioccolato. L’unica pecca è che viene venduto come ristorante romagnolo, ma di romagnolo ha ben poco sul suo menu, a parte il Sangiovese e la piada (che poi, già il fatto che venga chiamata piada e non piadina deve far riflettere :P ). Prezzi bassi. Nel complesso un buon ristorante italiano vero.
Voto: 8 (per orgoglio patriottico, se no forse sarebbe un 7 e mezzo)
Sanitary inspection grade: A

Il deli per antonomasia, storico che più storico non ce n’è. Ci sono passati tutti di qua, anche Meg Ryan, che ci ha finto un orgasmo nella famosa scena di “Harry ti presento Sally”. Sono famosi per il loro pastrami, una carne affumicata e saporita, e per il fatto che mandano salami ai soldati americani in missione. Dentro al locale, potrete scegliere se essere serviti o se usare la modalità self-service (l’unica differenza è che nel primo caso dovrete ovviamente pagare la mancia). Il menu è ricchissimo di sandwich iper-iper farciti di carnazza (secondo me, uno in due basta e avanza), ma anche di tutti gli altri piatti tipici da diner. Comunque, intanto che si va lì, conviene provare sto famoso pastrami, anche perché io personalmente prima di entrare in quel posto non avevo nemmeno idea di cosa fosse! Prezzi bassi. Attenzione: all’ingresso vi daranno un minuscolo bigliettino verde – di cui non ho capito l’utilizzo – che non dovete assolutamente perdere, altrimenti so’ cazzi amari. A parte questa pressione psicologica, è stata un’esperienza che mi è piaciuta!
Voto: 8
Sanitary inspection grade: A


Sofisticato locale francese, poco illuminato e riscaldato da tante candele sparse qua e là sui tavoli, con una sala sul fronte e una sul retro… che è meravigliosa, con tanto di caminetto, poltrone raccolte attorno al fuoco e pianoforte in un angolo! Nonostante il menu proponesse tantissimi piatti sfiziosi, molti dei quali a base di pesce, noi fantasiosissimi italiani ci siamo tutti buttati sul classico burger&fries (non è colpa nostra: ci era stato raccomandato così caldamente che abbiamo dovuto provare), tranne una temeraria che ha optato per un croque-monsieur. Tutto era decisamente buono, con le solite porzioni enormi. La carne era fresca e succosa, il pane particolarmente azzeccato: un panino molto leggero ma non insipido, leggermente tostato e quindi croccantino all’esterno. Confesso, però, che il mio hamburger preferito resta assolutamente quello di Dumont! Per non farci mancare niente, abbiamo provato anche i dolci: la mia crème brulée era veramente buona! Anche se dopo un po’ ho iniziato a scartare lo zucchero caramellato… troppo dolce (ma d’altronde è giustificato, essendo zucchero :P ). I prezzi sono medio/alti, il servizio veloce e sorridente.
Voto: 8
Sanitary inspection grade: valutazione in sospeso.
 
Le Pain Quotidien

Mah. Non mi ha mica convinto. Anche qui ci sono andata perché Fabio Volo lo cita ne “Il giorno in più”, ma anche qui mi è toccato storcere il naso. Il menu è ricchissimo, pieno di piatti che ti fanno abbastanza venire l’acquolina in bocca. Il problema è che poi quando il piatto arriva è tanto carino da vedere, ma tanto, tantissimo leggero. Uno spuntino, e neanche dei più prelibati. Insomma, mi aspettavo molto di più… senza contare i prezzi troppo alti! Nota positiva il servizio, veloce sorridente ed efficiente, ma ovviamente non basta. Oh Fabio, la smetti di dare consigli fuorvianti???
Voto: 6 (striminzito)
Sanitary inspection grade: da A a B/C (è una catena, per cui dipende dalla location)


Questo posto non è un ristorante, bensì un mercato del pesce. Ce ne sono diverse location, io sono andata in quella che si trova dentro al Chelsea Market. Vendono tanti piatti già pronti, caldi e freddi, da asporto. Tutti a base di pesce, tutti a prezzi molto bassi! Vendono anche il pesce fresco, ovviamente, ed offrono un servizio molto particolare: tu puoi andare al bancone, scegliere la tua bella aragosta, comprarla, e loro te la cuociono in diretta. L’aragosta viene poi servita su un piatto con una mega fogliolona di insalata, qualche pomodorino, limone e burro fuso, già tagliata in modo che sia semplice (relativamente) mangiarla anche senza posate vere. Credetemi, le forchettine di plastica in dotazione servono a ben poco, noi abbiamo usato le mani come i cavernicoli… con una certa soddisfazione, da parte mia. Abbiamo mangiato due aragostone in tre, spendendo 18$ a testa… che è ben poco rispetto alla goduria di mangiare così tanta carne di quel crostaceo prelibato! L’unica accortezza che vi suggerisco, come hanno fatto i miei previdenti compari di magnata, è quella di passare da una bakery a prendere un pezzo di pane per accompagnare il piatto… così, giusto perché ci sta bene. Esperienza da provare per tutti gli amanti del genere!
Voto: 8 e mezzo
Sanitary inspection grade: non è valutato perchè non è un ristorante.

Che dire della celeberrima Magnolia Bakery… sia che la conosciate grazie a Sex and the City, sia che l’abbiate trovata ne “Il giorno in più” di Fabio Volo, non ve la potete perdere. Personalmente sono stata solo nella location nel West Village, che è minuscola (quindi non aspettatevi di poter mangiare seduti con calma ad un tavolino – il che non è un problema d’estate, dato che c’è un parco proprio di fronte, ma inizia ad esserlo quando fa freddo) e sempre sempre sempre piena di gente. Ma giustamente: le cupcakes sono ottime, e immagino che anche tutto il resto lo sia. Unica accortezza: non siate ingordi… una cupcake basta e avanza, fidatevi. Sono talmente dolci che è impossibile mangiarne due consecutivamente. Ottimo rapporto qualità prezzo!
Voto: 8
Sanitary inspection grade: A

Mangia Organics


Posticino tipo salad bar, dove si possono trovare per l’appunto insalate, panini, zuppe, piatti caldi e freddi, bakery… potete scegliere se mangiare lì o optare per il take out, nel caso siate di fretta. Il cibo è tutto completamente biologico, e le cotture sono molto salutiste: troverete tantissimi tipi di verdura cotta o cruda, condita in vari modi. Molte le opzioni vegetariane, meno quelle che prevedono carne o pesce. Tutto il cibo che abbiamo assaggiato era ottimo, ed alcuni piatti davvero fantasiosi: ho trovato un tipo di cous cous molto grosso, mai visto prima, condito con verdure crude e pezzetti di mela… buonissimo! L’ideale per chi, per una volta, preferisce stare leggero e optare per un pranzo salutare prima di ributtarsi nel mare di tentazioni ipercaloriche newyorkesi… Prezzi medi.
Voto: 8
Sanitary inspection grade: B


Bar di Greenpoint in cui sono capitata un pò per caso: ci sono andata per ascoltare musica live, ma dato che era ora di cena ci ho anche mangiato. Per quanto riguarda il locale, è molto buio e apparentemente caotico, ma non lasciatevi ingannare: uscite dalla sala principale, piena di musica rock appalla, e andate o alla vostra sinistra (dove dietro una porta magica c’è una stanza col palco e la musica live) oppure dritto in fondo, dove c’è una saletta più tranquilla, coi divani e un calcino. Per mangiare dovete ordinare al bancone, ma poi verrete serviti al tavolo. Il cibo è quello tipico da bar - hamburger di carne o di verdure, alette di pollo (piccantissimissime, state attenti!), sandwich – più alcune opzioni originali – mi sono rimaste impresse le panelle di ceci con pomodoro e mozzarella. Il mio veggie burger era molto buono, anche il pane mi ha colpito positivamente… alcuni di noi hanno poi avuto un po’ di problemi di digestione, ma forse non è stata colpa di questo cibo (era un periodo di tour de force alimentare!). I prezzi sono abbastanza bassi, il servizio un po’ inquietante ma efficiente.
Voto: 7+
Sanitary inspection grade: non pervenuto.

Ristorante di Park Slope arredato meravigliosamente, sembra un gioiellino mediorientale… ed in effetti nasce come ristorante israeliano (mi pare, non vorrei dire cavolate), anche se i piatti che servono sono tipicamente americani o semplicemente con leggere inflessioni esotiche. Il cibo è buono ed abbondante, anche se devo dire che le loro eggs benedict al salmone non sono le migliori che io abbia mai mangiato (Fiore secondo me vince). Veramente ottime invece le patate servite come contorno: saltate in padella, croccanti esternamente e morbide dentro, saporitissime, yum! Chi ha preso la “steak and eggs” si è lamentato per la poca quantità di carne (che in effetti era sommersa sotto le uova strapazzate), quindi siete avvisati. I prezzi sono medi, e il servizio è veloce e cordiale… noi siamo rimasti al tavolo per un paio d’ore e nessuno ci ha detto niente. Carino per un brunch nel weekend.
Voto: 7 e mezzo
Sanitary inspection grade: non ancora valutato.

Motorino

Pizza napoletana vera! Ho ordinato quella con mozzarella di bufala, per testare la “veracità”, ed era stre-pi-to-sa! Confesso che mi sono uscite due lacrimucce quando l’ho addentata… erano troppi mesi che non mangiavo una cosa del genere! L’unica pecca (ma è proprio minima) è che, arrivati all’ultima fetta, il bordo diventa un po’ gommoso. Però amen! Buonissimo anche il tiramisu, con la crema super compatta come piace a me, anche se c’era troppo cacao sopra (io sono una perfezionista eh). Prezzi medi/medio alti. Locale carino anche da cenetta di coppia, anzi forse più da cenetta di coppia che da compagnia casinara. Servizio cordiale e veloce.
Voto: 8
Sanitary inspection grade: non ancora valutato
Siamo entrati in questo minuscolo – e super caratteristico – Irish pub dietro suggerimento del buttafuori del locale dove dovevamo andare a sentire musica live, perché ce l’ha indicato come luogo adatto a mangiare qualcosa di veloce. Ecco, tutto si può dire di quel posto tranne che il servizio è veloce! C’erano una barista e una cameriera, e abbiamo scoperto poi che quest’ultima era anche la cuoca tuttofare in cucina. Una lentezza pachidermica, non solo: era pure fra le persone più scorbutiche che abbia incontrato qua a New York. Nonostante ciò, il cibo non era male, anzi… il fritto era fritto alla perfezione! E anche la pizza non era delle peggiori. Le porzioni erano tutte abbondanti, tranne – mi pare di ricordare – il numero di gamberi infilati in uno dei panini. Prezzi medio/bassi.
Voto: 6
Sanitary inspection grade: non ancora valutato

La loro sede principale, storica – quella che ho provato io – è a Coney Island. E già questo basta per farci un salto. Sono famosi (e storicamente documentati) per gli hot dog, che sono effettivamente molto buoni (di sicuro meglio di quelli dei venditori ambulanti) e vari. Hanno anche il corn dog, quella salsiccia circondata da pastella ed infilzata da un bastoncino che si vede spesso nei film americani. In realtà oltre ad hot dog e a tutte le pietanze classiche da fast food hanno anche un ampio menu a base di pesce, che non ho provato (ovviamente non aspettatevi le linguine alle vongole, ma qualcosa di più tendente verso fish and chips e crabcakes). Prezzi bassi.
Voto: 7 +++ (i + sono come cuoricini d’ammmòre, dovuti alla location)
Sanitary inspection grade: non ancora valutato


Ristorante giapponese minuscolo. Anzi, i locali sono due, uno di fianco all’altro, ma entrambi sono formati da un’unica stanza che contiene quattro/cinque tavoli… e per andare in bagno dovrete passare dalla cucina, precisamente di fianco al tizio che lava i piatti. Se ci andate nel weekend, potreste trovarlo pieno, ma non scoraggiatevi: aspettate il vostro turno, che ne vale assolutamente la pena! Hanno il pesce crudo più buono che si possa desiderare: sapori ben distinguibili (il gambero era da acquolina in bocca), e talmente fresco che si scioglie in bocca! L’unico punto a loro sfavore è che nel sushi, fra il riso ed il pesce, hanno messo un pochino di wasabi… quel tanto che è bastato per farmi andare a fuoco la bocca e per farmi apprendere che quella pappetta verde, oltre che essere piccantissima, ha un sapore disgustoso. Quindi ho dovuto scomporre ogni pezzetto per raschiarla via… se odiate il wasabi, comunque, prendete un bel piatto di sashimi e fatevi portare una ciotola di riso, così risolverete il problema. Spero di tornarci per provare questa soluzione! I prezzi sono più bassi di quelli di altri sushi bar, ma soprattutto il rapporto qualità-prezzo è totalmente favorevole. Il servizio è… giapponese, quindi cordiale, accomodante e veloce. Consigliatissimo.
Voto: 9 e 1/2
Sanitary inspection grade: non ancora valutato.

Café piccino picciò nel West Village, trovato per caso gironzolando in cerca di un posto dove scaldarsi e fare merenda. Posticino in stile molto “alternativo”, messo fra virgolette perché è quell’alternativo che va tanto di moda a New York: tutto organic, tutto con opzioni salutari, anche l’arredamento e i giochi per i bambini sono tutti di legno e altri materiali grezzi, e così via. C’è una vasta scelta di dolcetti particolari, che personalmente però non ho provato perché ho preferito buttarmi sulla loro cioccolata in tazza. Si può decidere la propria percentuale di cacao preferita, quindi si va dalle cioccolate assolutamente super fondenti a quelle più dolci e meno forti. Buona, si sentiva l’ottima qualità del cacao usato, ma un po’ liquida (io sono del partito “la cioccolata in tazza è migliore quando è densa”). Propongono anche tanti tipi di caffè, fra cui quello molto pittoresco che viene fatto colare lentamente direttamente dal filtro alla tazza, sul bancone. Insomma, un posto carino dove passare qualche ora pomeridiana quando fuori fa freddo (dentro il clima è tropicale), sempre se trovate posto a sedere dato l’affollamento! Prezzi medi e personale cortese e sorridente.
Voto: 7
Sanitary inspection grade: non pervenuto

Otto Enoteca Pizzeria
Allora. Sono entrata in questo locale – affollatissimo anche di mercoledì sera – e mi son messa ad aspettare il mio compagno di cena nella zona bar, costellata di tavoli alti attorno ai quali la gente cenava in piedi (non lo farei MAI). Ad un certo punto ho sentito un po’ di agitazione, e non capivo a cosa fosse dovuta… poi ho visto lui: un tabellone enorme di quelli che ci sono nelle stazioni, di quelli vecchi neri che cambiano le scritte di destinazioni e binari cambiando le “tesserine”, che fanno quel rumore tipico. Insomma, se non avete capito guardate l’immagine sullo sfondo del loro sito e capirete. Fatto sta che mi si è riacceso il ricordo di Trenitalia – che non mi manca per niente - e ho cenato tutto il tempo con questa angoscia atavica accesa. Comunque, sul menu troverete una lista infinita di vini italiani, ma con mio sommo dispiacere ce n’erano solo tre/quattro provenienti dall’Emilia Romagna… e mancava il Sangiovese. Il loro bellini in ogni caso era fantastico, fatto con spremuta di arance rosse. Il menu è apparentemente italiano autentico, con una selezione di formaggi vastissima. Io ho provato alcune verdure come antipasto, di cui le lenticchie alla toscana erano buonissime ma non avevano niente di toscano, i cavolini di bruxelles coi peperoni anche loro buonissimi ma non particolarmente italiani e soprattutto la terza verdura non è stata meglio identificata, e ne deduco che di italiano non avesse nulla. La pizza è molto sottile e croccante, una pizza “da Nord Italia”, ma ricoperta di olio, e come formaggio aveva un cacio che cacio non era nemmeno da lontano. Il prosciutto però era vero e buono. Mi hanno parlato benissimo dei gelati, ma non li ho provati. Ah, lo chef è il famosissimo (qui) Batali, ma se è così famosissimo poteva fare un pelino meglio. Il servizio è decisamente solerte e cordiale, i prezzi medi.
Voto: 7
Sanitary inspection grade: non ancora valutato

Passo davanti a questo ristorante tutti i giorni, tornando a casa dalla fermata della metro, da fuori sembra carino ma non ci sono mai entrata. L’ho usato un paio di volte per delle deliveries, e personalmente ho mangiato solo un pad thai. Buono, saporito, decisamente stra-abbondante, economico. Il problema è che poi non l’ho digerito manco morta… ora, potrebbe essere stato un problema mio come del pad thai, fatto sta che non l’ho più riprovato. La consegna è stata puntuale e veloce, ordinare al telefono invece è un po’ un casino se chi è dall’altra parte è asiatico e tu sei italiana. :D
Update: sono andata a mangiare al ristorante, e la qualità del cibo era decisamente peggiore rispetto a quello che avevo provato in precedenza (le uova del mio pad thai erano completamente bruciate). Insomma, se volete mangiare thai andate da qualche altra parte, và... tanto di scelta ce n'è!
Voto: 6-
Sanitary inspection grade: non pervenuto.

Il locale preferito dalle ragazze del laboratorio dove faccio tirocinio! È un posticino piccolo, ideale per il take out, ma se andate nelle ore non di punta riuscirete anche a trovare posto a sedere. I loro falafel sandwich (o più che sandwich: pita) sono ottimi, abbondanti, personalizzabili ed economicissimi. Le insalate sono anch’esse enormi ma costano leggermente di più. Quelle più semplici sono composte da una verdura (baby spinach o mixed greens) e tre toppings (consiglio vivamente il loro hummus home made!), poi si possono aggiungere altri ingredienti che variano nel prezzo. Non fatevi dare salsine aggiuntive (che costano), tanto poi di fianco ai tovagliolini e alle posate ne troverete una bianca buonissima e gratuita. Personalmente adoro le loro insalate… l’unico problema è che il mix ceci + aglio (non tanto, ma c’è) che troverete nei falafel e nell’hummus potrebbe creare qualche effetto collaterale! :P
Voto: 8
Sanitary inspection grade: non ancora valutato


Da un locale così vicino al Rockefeller Center mi aspettavo una roba molto più ricercata e costosa, invece si tratta di un tipico diner anni 60, molto caratteristico, di cui ho adorato l’arredamento che c’è nella prima sala: in pratica sono tutte poltroncine a ferro di cavallo con tavolini minuscoli “monopersona”… si mangia guardandosi tutti in faccia ma stando lontani l’uno dall’altro! Non so se riesco a spiegarmi (magari la foto aiuta), ma era una sistemazione molto particolare che ho visto solo lì… comunque, per quanto riguarda il cibo, non so in realtà se il loro hamburger sia così favoloso come da nome del locale, io ho mangiato un veggie burger che non era male ma non era nemmeno qualcosa di eccelso. Tanti i tipi di patatine fritte, noi abbiamo provato le steak e le curly, entrambe buone! Mi pare che i prezzi fossero medio/bassi. Il servizio è molto pittoresco, soprattutto grazie ad un cameriere che avrà avuto cent’anni per gamba ma che continuava imperterrito a fare il suo lavoro, a passo di lumaca!
Voto: 6
Sanitary inspection grade: B

Quando uscirete dalla metropolitana, vi chiederete dove siete finiti. Non temete, è proprio la stazione giusta, non cedete alla tentazione di riprendere il treno e tornare indietro! Il posto è un po’ sperduto nel nulla, è vero, ed è anche facile non notare l’entrata perché l’insegna non è illuminata. Ma anche in questo caso, non perdetevi d’animo: superate le titubanze, ne vale la pena! Anche l’interno del posto vi lascerà un po’ perplessi, vi avviso. Non tanto l’ambiente principale, quanto piuttosto quello secondario, che poi sarebbe il giardino esterno… che probabilmente d’estate è molto piacevole, mentre d’inverno è solo molto freddo nonostante le stufe! Se ci andrete nel weekend, dovrete probabilmente aspettare il vostro turno per tempi che possono diventare anche lunghi… in quel caso, il suggerimento è di andare nel loro bar-tenda: un bar letteralmente ricavato in una tenda enorme, dove vi consiglio di assaggiare il loro hot apple cider… il migliore che io abbia bevuto! Ok, l’attesa potrebbe diventare snervante, ma vi garantisco che il risultato vi ripagherà e vi farà dimenticare tutti i lati negativi della questione! Nel menu hanno un po’ di tutto (fra cui tanti prodotti tipici italiani), ma la loro pizza è qualcosa di spettacolare, quindi vi suggerisco di provare quella! L’impasto è perfetto dal primo morso all'ultimo, croccante ma anche morbido, gli ingredienti che usano sono super genuini e “veraci” (i formaggi hanno i loro sapori ben definiti, sapori veri), le verdure se le coltivano nel loro orticello… insomma, merita alla grandissima, è nettamente la miglior pizza che io abbia mangiato a New York. Lo stile del locale è molto hipster/trasandato, quindi siate pronti anche a quello (nel caso non vi piaccia dovrete superare anche questo “contro”, ma per la loro pizza ne vale la pena). I prezzi sono medio/bassi.
Voto: 9
Sanitary grade inspection: non ancora valutato

Location meravigliosa per questo ristorante thai: un Buddha enorme domina la scena, insieme ad una vasca piena d’acqua che occupa buona parte della sala centrale. Luci soffuse, arredamento soft e pulito, molto zen. Stupendi anche i bagni, che meritano una visita! Il cibo è buono e ben cucinato: stuzzicanti gli antipasti, gustoso (anche se un po’ insipido) il pad thai, servito in una porzione enorme che ho finito comunque! Prezzi medi, servizio veloce e cortese. Perfetto per un appuntamento romantico… l’unica cosa che mi spaventa un po’ è leggere l’elenco delle infrazioni igieniche commesse! O___O
Voto: 7
Sanitary inspection grade: valutazione in sospeso


L’hamburger non è male ma non è fra i migliori del mondo (mi dicono che la versione vegetariana sia super-buona, ma non l’ho ancora provata), le cheese fries sono alquanto unte ma contemporaneamente molto buonerrime. Ho provato anche la cioccolata calda al burro d’arachidi, che era l’apoteosi della goduria… peccato l’abbiano avuta solo per un periodo limitato. I prezzi sono bassi. Quello che fa la differenza è comunque la location: è una catapecchia (“shack”) inserita nel Madison Square Park, illuminato da fili di lucine bianche che rendono l’atmosfera molto romantica. I tavolini sono all’aperto, e per non morire di freddo in inverno ci sono un po’ di stufe a fungo qua e là. Altra cosa carina è che al momento dell’ordine vi daranno un telecomando che magicamente inizierà a vibrare (“shake”) quando il vostro cibo sarà pronto.
Voto: 8
Sanitary inspection grade: A

Va bè, Starbucks lo conoscete tutti, ce n’è uno ad ogni angolo di New York così come di tanti altri posti del mondo. Comunque cosa dire? Hanno tantissimi tipi di caffè, frappuccini, the, e chi più ne ha più ne metta. I prezzi secondo me sono un po’ più alti che in altri posti, e non sempre questo equivale a maggiore qualità… comunque di base è tutto buono (state lontani dall’eggnogg però, è terribile!). Anche la sezione bakery non è male, e soprattutto è economica: ottima per buchi allo stomaco improvvisi. Lasciate perdere i sandwich invece: costano tanto, sono piccoli e nemmeno tanto gustosi. Altro punto a favore, se siete computer-obsessed o se amate lavorare nei café come va tanto di moda qui, è la linea wi-fi gratuita.
Voto: 7
Sanitary inspection grade: la maggior parte hanno una A, ma alcuni hanno ottenuto una B o addirittura C.

Ristorante fusion giapponese-brasiliano (più tendente al jap nel cibo, e al Sudamerica nell’atmosfera), carino da vedere (soprattutto il lounge) e buono da mangiare! I piatti di rolls sono troppo piccoli rispetto a quello che costano, ma se vi buttate sui bento specials non rimarrete delusi: miso soup, insalata mista (condita in modo superlativo, devo farmi dare la ricetta :P ), tuna rolls, riso in bianco e pietanza principale a vostra scelta (ad esempio salmone, pollo o rib eye in salsa teriyaki)… tutto ottimo. I prezzi sono medi o medio/alti, il servizio un po’ lento ma molto cordiale (con tanto di sushi-guys che vi urlano calorosamente i loro saluti quando arrivate e ve ne andate). Merita una visita!
Voto: 8
Sanitary inspection grade: A
Cucina tipica americana, stile diner/fast food. Tanta, tanta gente (sarà che era la location vicino al Rockefeller, in un giorno di pioggia). I prezzi sono alti, in più era un orario un po’ scrauso per cui abbiamo mangiato i piatti più economici trovati… un pasto inusuale. La crema di broccoli non era male ma era troppo, troppo piena di aglio, il purè era super pepato, e le crocchette di mozzarella non erano di vera mozzarella. Il servizio mi pare sia stato abbastanza veloce ma un po’ menefreghista. Si nota che non mi è piaciuto particolarmente?
Voto: 5
Sanitary inspection grade: non pervenuto. 
Localino minuscolo, consigliato per il take out (anche perché i posti a sedere saranno sì e no quattro). I falafel sono di tre tipi, più o meno speziati, fritti sul momento e davvero buoni. Il falafel sandwich, oltre ad essere gustoso, è enorme e molto economico, il che può essere decisamente un punto a favore. Hanno anche tanti piatti composti da vari ingredienti ed insalate assemblabili secondo il vostro gusto. Tutto vegetariano. Un po’ di caos nelle ore di punta, ma è un buon indice di gradimento! Ho recentemente scoperto che hanno anche un truck che se ne va a zonzo per la città.
Voto: 7
Sanitary inspection grade: A
Le bagels sono il pane quotidiano dei veri newyorkesi… in questo posto, le fanno particolarmente buone. E varie (bianca, integrale, al sesamo, ai mille semini, al mais dolce, alla zucca, al cioccolato, al cocco, al french toast, e chi più ne ha più ne metta). E anche i cream cheese (tutti home made, e tutti “assaggiabili” prima di decidere quale scegliere) e le altre farciture sono tantissimi. Insomma, le combinazioni sono infinite, sia dolci che salate! Prezzi veramente bassissimi. C’è sempre la fila nei weekend, soprattutto nelle ore di punta, e la mattina per colazione. È un ottimo posto dove comprare il pranzo, se avete in programma una giornata frenetica!
Voto: 8
Sanitary inspection grade: valutazione in sospeso.

Non so se ne abbiate sentito parlare, ma questo locale è famoso perchè ruota di 360° su se stesso, offrendo una panoramica completa di New York dall’alto. Si divide in lounge, dove potrete bere qualche drink e mangiare al buffet (costo: poco più di 30$), e ristorante, dove la cena (a prezzo fisso, con menu differenti a seconda dell’orario – pre/post theater) viene servita al tavolo da camerieri particolarmente cordiali e simpatici… o per lo meno il nostro Brian lo era! La cena si compone di antipasto, piatto principale e dolce, il tutto a scelta fra alcune opzioni proposte. Sinceramente, avevo paura che i gestori puntassero sulla vista mozzafiato come “scusa” per i prezzi alti, ma mi sono dovuta ricredere: tutti i piatti erano sopraffini, e valevano assolutamente il loro prezzo. Molto armoniosi ed artistici a livello visivo, ed ottimi a livello gustativo, con tanto di abbinamenti originali azzeccatissimi. Porzioni decisamente abbondanti, anche se non lo si nota ad occhio, poiché sono presentate con un’architettura molto “nouvelle cuisine”. Perfetto per le occasioni speciali, come quella per cui l'abbiamo scelto noi.
Voto: 9
Sanitary inspection grade: A
Uno dei tanti deli che si trovano a New York, che serve sandwich, insalate, zuppe, prodotti di bakery e compagnia. Quelo che ho assaggiato era buono, in particolare la zuppa di lenticchie dove ho scovato un bel po’ di foglie di alloro, che adoro. Però poi non l’ho digerita. I prezzi variano, ma diciamo che sono medi. I tizi che ci lavorano sono un po’ scorbutici.
Voto: 6
Sanitary inspection grade: C

Premessa: questo non è un locale, sono trucks e carts che si spostano in giro per la città (potete consultare il loro sito, la pagina facebook o quella twitter per essere sempre aggiornati su dove si trovino). Servono belgian wafels PARADISIACI. Dolci o salati, grandi o mini. In più hanno bevande di vari generi. Spesso hanno delle “special edition” in prova, ed usano i clienti come cavie. :D I wafel-guys sono solitamente giovani e simpatici, sempre propensi a fare due chiacchiere gioviali. I prezzi sono medi, e il prodotto merita decisamente! In più, sulla pagina facebook ogni giorno vi dicono in che modo avere un topping gratis: per esempio, la richiesta di oggi è quella di fare una danza anti-pioggia. Suggerisco caldamente almeno una visita, e sappiate che già col wafel + maple syrup potete raggiungere i vertici del piacere! I'll miss them sooo much!
Voto: 10
Sanitary inspection grade: non pervenuto
 
Non è un ristorante, non è una bakery, non è un bar, ma merita un posto d’onore in questo elenco: è il mio supermercato di fiducia. Ho iniziato a frequentarlo per comprare frutta e verdura, che mi sembravano più fresche ed economiche che in altri posti, poi piano piano ho provato altri prodotti, e mi sono innamorata. Avete presente quei negozi dove entrate e vorreste comprare tutto? Ecco. I prodotti – quasi tutti a marchio Trader Joe’s – sanno di America, ma di America sana: biologici, senza conservanti, con coloranti ed aromi naturali anziché artificiali. Per i nostalgici della madrepatria, niente paura: potrete trovare anche prodotti italiani, tipo parmigiano, affettati e pasta fresca ripiena. Per il resto, c’è di tutto e di più. Fatevi tentare e sperimentate quello che vi ispira: potrei elencarvi una miriade di prodotti che adoro, ma mi limito al migliore e al peggiore. Non perdetevi assolutamente la torta al cioccolato “Patisserie”: strati di pan di spagna al cioccolato intervallati e ricoperti di crema al burro al cioccolato… posso dirlo? È orgasmica (e non so nemmeno se questa parola esiste, ma rende l’idea :P )! Evitate invece il minestrone in lattina, che è orribilmente dolce – l’unico prodotto di Trader Joe’s che non mi è piaciuto affatto. I prezzi sono bassi (a parte qualche prodotto particolare) e il bello è che – per una volta – quelli che vedete espressi sono già comprensivi di tasse, yay! Altre note positive:
-         c’è una “sample station” in cui, ad orari prestabiliti, fanno assaggiare a rotazione i loro prodotti;
-         la “crew” è quasi tutta composta da giovani strambi e simpatici (ed alcuni moltomamoltocarini), che si intratterranno volentieri in chiacchiere nei momenti non troppo incasinati;
-         anche se il negozio è affollatissimo e la fila per le casse inizia all’ingresso (sì, capita spesso), non disperate: in realtà è scorrevolissima grazie al loro sistema di “smistamento”.
Ah, di fianco al supermercato normale c'è il negozio di vini: ne potete trovare davvero di tutti i tipi, e per tutte le tasche... personalmente ho provato un bianco della California, che costava 4$ e qualcosa ed era buonissimo!
In conclusione, come si può notare, adoro questo posto, e sarà una delle cose che mi mancheranno di più una volta tornata a casa!
Voto: 10