martedì 25 gennaio 2011

Craigslist Missed Connections

Craigslist è un sito di annunci, un sito immenso che contiene migliaia di annunci di tutti i tipi.
L’ho usato quando avevo bisogno di una stanza in cui vivere, quando cercavo un lavoro poco impegnativo come babysitter, quando mi son resa conto che la mia sedia cadeva a pezzi e che me ne serviva una nuova.
Poi un giorno ho scoperto la sezione delle favole. O dei sogni infranti. O anche dei pervertiti. Insomma, ho scoperto la sezione “missed connections”.
In pratica, vi si possono trovare gli annunci dei romantici, fatalisti o pervertiti di cui sopra che cercano qualcuno che hanno incrociato, apprezzato ma mancato per un pelo. La maggior parte dei post è sullo stile di questo:

Titolo:  
Downtown 6 – felpa nera, frangia bionda – Upper East Side. 

Testo: 
Ci siamo guardati e sorrisi in metropolitana stamattina. Stavi bevendo una bevanda ghiacciata con la cannuccia, avvolta in una felpa nera con sopra una toppa. Ti devo rivedere, quindi se per miracolo leggi questo post, ti prego contattami!

Ho iniziato a leggerla per curiosità, perché il mio animo sognatore si fa dei gran viaggi ogni volta immaginando storie d’amore che iniziano da un annuncio e vanno avanti tutta la vita, e cose simili. Fra l’altro, essendo una che crede che le coincidenze abbiano un significato, penso che, se qualcuno colpisce la mia attenzione in metropolitana la mattina, sia più che giusto che io cerchi di ritrovarlo!
Ovviamente il pensiero realista immediatamente successivo è: va bè, a New York ci sono 12 milioni di persone, quante sono le probabilità effettive che qualcuno si trovi o ritrovi con un metodo del genere? Quasi zero!
E comunque, spulciare gli annunci ogni giorno per vedere se qualcuno ci cerca è un po’ da malati.
Fatto sta che, come ho detto, ho iniziato a leggere gli annunci un po’ a caso nei momenti di noia, facendomi spesso grasse risate.

Poi ci sono cascata, lo ammetto: ho usato le missed connections.
Vado sempre a fare la spesa nello stesso posto, più o meno i commessi li conosco di vista, in più contate che sono qua da sola e che al momento del misfatto erano le vacanze di Natale, con tutto ciò che ne consegue. Ma insomma mica mi dovrò giustificare! :D
Ho sbirciato il nome di uno dei commessi di Trader Joe’s che mi pareva carino (fra parentesi, ho poi notato che ce n’erano dei molto più carini, ma ormai era troppo tardi) e ho caricato un annuncio dicendogli che se aveva voglia di uscire mi contattasse. Chiaramente l’ho fatto convinta che non avrebbe mai risposto.

…sorpresa! Dopo due giorni, ecco arrivare la risposta… ero allibita! Comunque troppo comodo così, chiunque avrebbe potuto rispondere spacciandosi per lui, per cui gli ho chiesto di provarmi che fosse la persona giusta… e lui ha risposto esattamente a tutte le mie domande. Doppiamente allibita!
In pratica mi ha spiegato che i suoi colleghi passano le ore a spulciare gli annunci sulle missed connections, perché apparentemente capita spesso che qualcuno li cerchi (e anche giustamente: sono quasi tutti giovani e carini!). Uno di loro ha visto il suo nome, l’ha avvisato e lui ha deciso di rispondermi.
Va bè, a quel punto cosa vuoi fare, sputare in faccia al “caso”? No, e allora inizi a tentare di organizzare un’uscita. Anche perché tutti quelli a cui racconti la storia ti fissano increduli e al grido di “Shuuuuuuuuuuuuuuuut uuuuuuuuuuuup!” ti dicono che è destino, che devi assolutamente portare avanti la cosa perché l’eventualità che qualcuno ti risponda è più unica che rara, e non la puoi buttare.

Va bene, va bene. Non che io abbia chissà cos’altro da fare, non mi dispiace mica uscire con sto tizio. Peccato che poi intervenga la cretinitudine dei ragazzi che bazzicano qui.
Per due/tre giorni si è sforzato almeno di rispondere ai messaggi, ma per vari motivi non siamo riusciti a vederci. Poi l’ho rivisto mentre lavorava, l’ho fermato giusto per fargli vedere che faccia ho e per farci due chiacchiere. A parte diventare bordeaux, mi ha detto tutto entusiasta che gli ha fatto un sacco piacere conoscermi, che assolutamente vuole uscire con me e tante belle cose, che mi ha ripetuto poi anche la sera dopo via messaggio.
Bene. Sono passate… tre settimane? Due? Non solo non ci siamo visti, ma ha anche smesso di rispondere a qualsiasi tentativo di contatto da parte mia!
Ovvio che ho lasciato perdere, amen.

Poi oggi sono tornata a fare la spesa, e c’era anche lui. Mi ha guardato, l’ho guardato – sprizzando fulmini dalle pupille.
Dopo qualche minuto, mi ricompare davanti e mi chiede candidamente se ci conosciamo.
Yeeeeeeeeeee SVEGLIAAAAAAAAA!!! Dopo un po’ di tentativi andati a vuoto, gli ho dovuto ricordare io come ci siamo conosciuti e lui se n’è venuto fuori dicendo che è stato malato per due settimane e quindi non è mai uscito. Come scusa è poco fantasiosa in effetti.
Anche oggi era tutto un “Sì sì dobbiamo assolutamente uscire, scrivimi, ci sentiamo, facciamo, blablabla!”.
Ma perché? Credevo fosse una prerogativa degli americani quella di essere totalmente incoerenti con se stessi. Lui è europeo, ma comunque siamo sempre alle solite.

Ci uscirò, non ci uscirò?
Di sicuro più lo guardo e più penso che ho sbagliato, avrei dovuto mettere il nome di qualche altro suo collega.

E comunque, credo che in realtà ci sia lo zampino dell’energia dell’universo, che sa benissimo quello che voglio e resta focalizzata su ciò che è veramente importante, non sta a sprecarsi per far funzionare questi passatempi collaterali… chiamala stupida. ;)

(foto prese dalla pagina di facebook Liquid Lives)

venerdì 21 gennaio 2011

My internship


Dopo quattro mesi abbondanti trascorsi qui, dopo tanti post sugli spunti che New York mi ha fornito, dopo un luuuuuuungo holiday break – che tecnicamente non è ancora finito – in cui ho fatto la turista con gli amici italiani che mi sono venuti a trovare, è giunto il momento di parlare del punto di partenza, il vero motivo per cui mi trovo qui: il mio tirocinio.
Eh sì, perché non sono mica venuta qua a pettinare le bambole – anche se potrebbe sembrare!


Background per chi non mi conosce: ho studiato psicologia a Padova, laurea triennale e magistrale. Prima di poter affrontare l’esame di stato per accedere all’albo, gli aspiranti psicologi devono fare un anno (1000 ore) di tirocinio professionalizzante. Aggratis.
E allora ho pensato: beh, tanto vale rendere questo anno interessante ed unire l’utile al dilettevole… quindi, eccomi qua. :)

Uno dei motivi per cui in questo blog non ho ancora parlato del mio tirocinio è che in realtà è ciò che mi ha occupato di meno, nei primi mesi della mia permanenza.
Tant’è che, pochi giorni fa, mi sono detta: bene, proviamo a contare tutte le ore che ho fatto finora, vediamo a che punto sono… non l’avessi mai fatto: ora ho in mano le prove oggettive che dicono che mi sono girata i pollici per quattro mesi.
Sia chiaro che non è colpa mia! Faccio parte di tre gruppi di codifica, il che significa riunioni tutte le settimane e qualche compito a casa, ho seguito le lezioni di psicopatologia dello sviluppo, mi sono offerta come volontaria per gli assessment e non ho saltato nemmeno un “big meeting” del laboratorio. Nonostante ciò (complice anche questo mese abbondante di stacco “natalizio”, diciamolo), sono ben lontana dalle 500 ore.

Ho quindi scritto alla mia tutor per esporle la situazione, e il giorno dopo sono andata nel suo ufficio per farmi dare qualcosa da fare. Risultato: dalle 12 alle 19 sono rimasta chiusa in laboratorio!
La prof. mi ha affidato il compito di organizzare il “syllabus” relativo al prossimo corso che insegnerà, “Child, Adolescent and Family Therapy”, dicendomi che probabilmente ne so più io di lei (ho seri dubbi al riguardo, ma sorvoliamo) e che me le avrebbe conteggiate come 100 ore di lavoro. In pratica, ho dovuto controllare che tutti gli articoli per gli studenti fossero nella sua chiavetta e/o in formato cartaceo, sceglierli e suddividerli in base agli argomenti delle lezioni… in parole povere le ho organizzato il corso, decidendo cosa dovrà essere letto e studiato da chi lo frequenterà. Lei mi ha proprio detto: “Fai come vuoi… è tuo, hai carta bianca”. Credo di aver avuto questa espressione sul viso: O___O
Il lavoro l’ho fatto, fondendomi un po’ il cervello, assalita da un milione di dubbi amletici e sentendo il peso di una responsabilità non da poco.
La prof è stata molto soddisfatta, mi ha ringraziato un miliardo di volte tirando anche in ballo la mia “super competenza”… o.O
Mi fa molto piacere, ma non mi sento affatto super competente… forse sono self-confident e quindi appaio molto competente?!

Fatto sta che tutto ciò, oltre che farmi guadagnare qualche ora (e sono in arrivo altri compiti simili a questo), mi ha fatto anche riflettere su quanto sia diverso il mondo universitario americano rispetto a quello italiano… almeno secondo la mia esperienza.

Qui ho notato subito che il clima, sia in laboratorio che a lezione, è differente: i docenti chiamano gli studenti per nome, e viceversa (attenzione: ho detto nome, non cognome), ci si parla in modo amichevole. Ci si considera alla pari, nonostante esista una gerarchia: i professori consultano i loro studenti per ogni questione, ascoltano le loro opinioni e le tengono veramente in considerazione, affidano loro compiti di responsabilità (come è successo a me). C’è collaborazione totale: non c’è qualcuno che sfrutta il proprio potere ed ordina ai subordinati di agire, ma al contrario c’è un continuo scambio di favori, informazioni ed idee dal basso verso l’alto e dall’alto verso il basso.
In laboratorio, i progetti sono ideati, sviluppati e portati avanti dagli studenti: i group leader sono ragazzi che stanno facendo dottorati o che addirittura devono ancora laurearsi. Viene lasciata loro piena libertà, i professori sono soltanto punti di riferimento a cui rivolgersi per non perdersi per strada, ma le menti degli studenti sono motori capaci di muovere grandi progetti.
E’ anche vero che il sistema universitario è organizzato in modo che gli studenti siano effettivamente fin da subito molto più competenti di quanto siamo noi colleghi italiani. Le classi sono poco numerose, il che facilita discussioni sempre stimolanti. I libri di testo sono integrati o addirittura sostituiti da moltissimi articoli assegnati come “compiti a casa” da preparare per le varie lezioni, che ovviamente sono molto più interattive rispetto alle nostre. Non solo: gli studenti devono attivamente partecipare per tutta la durata del corso, perché i voti finali sono il risultato di tante piccole prove in itinere... la maggior parte delle volte, si tratta di scrivere degli articoli. Sì, dei veri articoli, scegliendo l’argomento specifico, facendo ampie “literature reviews” al riguardo e mettendoci del proprio per rielaborare tutto ciò che si è appreso. E se si copia, si è puniti con l’espulsione dal corso di laurea.
Per forza, con un “addestramento” così, dopo un paio d’anni li si può caricare con compiti di responsabilità… sanno quello che fanno, e i docenti sanno che possono fidarsi ed affidarsi a loro!
Credo che chiunque abbia studiato o stia studiando in una qualsiasi università italiana possa immediatamente capire l’abisso che separa i due mondi…

Chiusa la parentesi riflessiva.

Quello che spero è di lavorare lavorare e lavorare in questi ultimi due mesi… oddio, non che mi lamenti dell’abbondante tempo libero, ma intanto che sono in ballo mi conviene ballare! :)

mercoledì 5 gennaio 2011

Da qualche parte batte un cuore giallorosso... :)


Secondo post scritto “in separata sede”!

<< Sono in lavanderia, per la seconda volta questa settimana… ma è per una buona causa: preparare tutto per l’arrivo della mia befanina personale!
Domani, finalmente, un altro grande sogno diventerà realtà: la Paciu ed io insieme a New York! <3 Il suo povero moroso ci dovrà sopportare e anche un po’ assecondare, temo, ma sono sicura che anche lui passerà dieci giorni da ricordare… e comunque sia ben chiaro che sono contenta che venga anche lui! 

Fatto sta che qua nella laundry sudamericana, con in sottofondo la Pausini che canta in spagnolo, mi è venuta voglia di scrivere su questo connubio Romagna-U.S.A.! :D
Ieri ad esempio ho ragionato sul fatto che venire a New York è stata un'ottima occasione per conoscere italiani interessanti e piacevoli... nello specifico, ieri si è trattato proprio di ravennati, amici di un'amica, che erano qui in vacanza. Cena fuori tutti insieme e tante chiacchiere con accento romagnolo... e ogni tanto un ritorno alle origini ci sta proprio bene! 
Sì, è vero, Ravenna è piccola, è provinciale, è noiosa e ci si conosce tutti. 
Ed è vero che stare qui è bello perchè è un altro mondo, in tutto e per tutto, e puoi fare quello che ti pare perchè, tanto, nessuno ti conosce e ti giudica. 
Ma, forse, anche per questo è piacevole trovarsi in questo lato dell'oceano, seduti attorno ad un tavolo con qualcuno del "vecchio" mondo, che ti sembra di conoscere anche se non l'hai mai visto prima. Perchè c'è un background comune, una storia comune, un accento comune, tante conoscenze in comune.
Poi lo so che, quando tornerò a casa, queste saranno proprio le cose che mi faranno sembrare tutto troppo piccolo, più piccolo che mai... ma intanto, stando qui, questi scorci di familiarità che appaiono ogni tanto fanno piacere. Soprattutto quando si aprono all'improvviso, con persone appena conosciute. 

Non so dove voglio arrivare con tutti sti ragionamenti, in realtà... ma di sicuro posso dire che:
- i ravennati sono dappertutto, anche dove meno te lo aspetti, a volte persino camuffati da newyorkesi!
- quando qui incontro qualcuno che ha a che fare con Ravenna, acquista automaticamente qualche punto (ciò non toglie che poi possa anche perderli :P )
- sono felice che domani la mia ravennate preferita mi raggiunga... anzi, sono proprio emozionata! E chiuderò un occhio sul fatto che il moroso sia di Cesena ;P
- evviva la Romagna, evviva il Sangiovese! >>




lunedì 3 gennaio 2011

New Year's resolutions

Mi sento un po’ Bridget Jones, o forse solo molto american - e questa cosa delle resolutions per il nuovo anno, messa sul serio per iscritto, mi sa da film ammerigano.
In più, a differenza di un anno fa, non ho molta voglia di guardarmi indietro ma preferisco proiettarmi verso il futuro.
Fatto sta che stavolta voglio scriverli davvero, i miei buoni propositi per il 2011, e li rendo pubblici perché spero che se tenterò di sgarrare ci sarà qualcuno pronto a riportarmi sulla retta via! :D

Iniziamo pure…

1)      Mettersi a dieta. Proposito banale, eh? Chi non si impone una bella dieta, come prima cosa? Ma io lo rendo originale: la dieta inizierà solo una volta tornata in Italia… ora che sono qui, voglio godermi tutte le americanate che mi ritrovo di fronte, esattamente come ho fatto fino ad ora. Quando tornerò a casa, dopo un primo periodo (dai, una setti manina concedetemela) di abbuffate di squacquerone e romagnolitudini varie, mi rimetterò in riga. Mangiare sano, ipocalorico e fare step! E via andare, che poi se no quando arriva l’estate sono dolori…

2)      Scrivere un racconto. Per il concorso Voci di donne, precisamente. 30 righe per ricominciare a scrivere narrativa… chissà che non mi si sgranchisca l’ispirazione! Sono passati quasi sei anni dall’ultimo racconto che ho interrotto mentre stava nascendo, è ora di riprovarci… 

3)      Fare l’esame di stato!!! Questo è un bel bestione, altro che proposito… ma voglio farlo, non ho intenzione di trascinarmelo fino al 2012. Via il dente, via la paura. Diciamo che il proposito annesso è quello di iniziare da subito a cercare informazioni seriamente… dato che non ho la più pallida idea di cosa mi aspetti.

4)      Attendere l’estrazione delle Green Card. Sì bè, questo suona più come promemoria… o come impazienza, e basta. Ma tant’è! Il proposito più che altro è: non rimanerci male se non la vinco, e non esaltarmi troppo se invece la fortuna mi bacia.

5)      Essere sempre curiosa. E non impigrirmi mentalmente… qui a New York è facile essere aperta e rispondere a tutti gli stimoli che mi vengono regalati, rielaborandoli, ma voglio riuscire a mantenere questa attitudine anche una volta tornata in Italia, perché ho scoperto che rende la vita migliore.

6)      Comprare una fotocamera un po’ più seria e prendere lezioni. Perché la fotografia è stata una piacevole scoperta in questi mesi! 

7)      Fare meno la nonna e più l’adolescente. Almeno finchè sto qui! Dai dai giuro che mi impegnerò, cercherò di uscire e fare tardi più spesso e di partecipare un po’ di più alla vita notturna newyorkese… che poi se no quando torno a casa me ne pento!

Uhm, devo dire che sette come numero di propositi non mi piace… ma al momento è tutto ciò che ho in mente!
Anzi, facciamo così, aggiungiamo un proposito bonus:

BONUS: aggiungere alla lista i propositi che mi verranno in mente strada facendo, e mantenerli!

 E ora via, presente dopo presente si va verso il futuro! :)
 

sabato 1 gennaio 2011

New York craziness!

First of all, approfitto di questo post per augurare a tutti un buonissimo 2011, carico di positività sottoforma di tutto ciò che più desiderate! Spero che sia iniziato col piede giusto…
…per quanto mi riguarda, il mio 2011 è cominciato all’insegna della totale pazzia americana, o per lo meno newyorkese!
Lasciate che vi racconti…

Dopo aver comprato un vestito stupendo, aver vagliato ottomilioni di possibili party con djset, musica live, champagne, ricchi premi e cotillons, essermi fatta venire l’ulcera e la depressione e poi di nuovo l’ulcera per trovare una soluzione alla temibile questione “checcavolofaccioacapodanno?!”, è accaduto questo: sono rimasta a casa. Ma non un rimanere-a-casa qualunque. Sono rimasta a casa perché stavo aspettando un amico… il piano era quello di andare a bere qualcosa e poi tentare di avvicinarsi a Times Square. Fra l’altro ero particolarmente felice del fatto che qualcuno si sarebbe unito a me in questo piano last minute, scelto fra tutte le altre opzioni perché era la più newyorkese… e ho deciso di approfittarne, dato che non sarò qui per sempre.
Insomma, l’amico doveva arrivare alle 21, ma so che è sempre in ritardo di almeno un’ora, quindi ho atteso pazientemente guardando in live streaming il delirio di Times Square… che poi, a dire la verità, assomigliava moltissimo alla trasmissione che fa Carlo Conti in diretta da Rimini per capodanno, solo più in grande. E con gente come i Backstreet Boys a cantare sul palco!
*** Parentesi: odio atavico verso quelli che mandavano in onda la trasmissione, che invece che farmi vedere la performance dei BSB hanno osato propormi tre sfigati australiani… gli ho mandato tanti di quegli accidenti che sicuramente hanno passato l’inizio del 2011 con un mal di pancia fulminante! I BSB sono stati e resteranno sempre il mio primo grande amore musicale – e non. E nonostante fossi chiusa nel mio appartamento, non sono mai stata così vicina a loro come ieri sera! Son soddisfazioni! :D Chiusa parentesi. ***

Insomma, alle 21 mi ha chiamato il mio amico. Mi ha detto che avrebbe fatto un pisolino e mi avrebbe richiamato alle 22, per decidere il da farsi, ma che di sicuro voleva accompagnarmi nel mio “capodanno speciale”. Ah-ha. Sto ancora aspettando la telefonata, e sono le 17.50 del giorno dopo.
Gli “amici” newyorkesi sono così: meglio non fidarsi! Non ho idea di cosa sia successo, nel frattempo gli ho mandato svariati sms ma non ho ricevuto risposta… a questo punto, fatti suoi.
Ieri sera ero parecchio adirata comunque. Se c’è una cosa che mi sta sulle balle, è quando qualcuno mi dice che farà qualcosa, e poi semplicemente sparisce nel giro di un nanosecondo come niente fosse. Ma allora taci, che è meglio! Taci, che mi faccio un piano alternativo per i fatti miei!

Alla fine sono partita da sola alle 22.40. Ovviamente era troppo tardi per avvicinarsi a Times Square, ma il countdown l’ho visto in un megaschermo in lontananza, da Columbus Circle. C’era un sacco di gente più o meno sobria, più o meno bardata con cappellini e occhiali luminosi a forma di 2011, più o meno autoctona.  Un sacco di gente che come me non aveva piani migliori che fermarsi in mezzo ad una strada per aspettare la mezzanotte. L’unica differenza era che loro erano tutti in compagnia, io no. Ma lì per lì non è che me ne fregasse molto, in fin dei conti mi bastava guardare il viavai e le facce dei poliziotti stremati per divertirmi… il bello di New York è anche questo: te la godi in ogni modo!
Poi, allo scoccare della mezzanotte, sono apparsi loro: i fuochi d’artificio, direttamente dal cuore di Central Park! E allora, come i topolini che seguono il pifferaio magico, ho iniziato a camminare per avvicinarmi e mi sono addentrata nel parco… era pieno di gente, delirio ma di quello buono, festoso. Il velo di incazzatura è svanito appena sono entrata in quel luogo adorato, tutto ricoperto di neve ed illuminato solo dai lampioni e dai fuochi colorati che continuavano a scoppiare. Effetto bellissimo perché si mischiavano coi rami degli alberi, sembravano essere un tutt’uno col parco.
Amo quel posto, non mi stancherò mai di ripeterlo, e sono felice di aver passato lì i primi minuti del mio 2011.

Poi non starò a dilungarmi sul fatto che anche la metropolitana è impazzita: la mia metro card sarebbe dovuta scadere fra un paio di giorni, e invece puff! Stanotte non ha funzionato. Va bè, fai la fila e comprane un’altra. Puff! Ecco l’aumento della tariffa: non più 89$ ma 104$. E va bè, si sapeva. Ma ecco che puff! La macchinetta non mi accetta la carta di credito, e c’è una fila chilometrica dietro di me. Morale della favola, ho dovuto ripiegare su una card che vale tipo 4 corse e costa 10$. Amen.

Stamattina sveglia “presto” per la prima missione del 2011: Polar Bear Plunge a Coney Island! Avete presente quei pazzi che iniziano l’anno facendo il bagno nell’oceano? Ecco! Ovviamente io ho partecipato solo come spettatore, ma è stato uno SPETTACOLO!
Craziness, pure craziness in Coney Island.
Premessa, per chi già non lo sapesse: Coney Island è l’altro mio “luogo preferito” di New York, insieme a Central Park. Non riesco a scegliere il migliore fra i due, dipende dai giorni.
Fatto sta che a Coney, di base, c’è un’atmosfera tutta particolare. Un altro mondo, un altro tempo. Scendi dal treno, e ti sembra di entrare nella New York di 30 anni fa. Hai l’oceano davanti agli occhi, e il parco giochi più famoso e caratteristico del mondo alle tue spalle. E già questo basterebbe.
Oggi era la mia terza volta lì, ed è stata del tutto originale!
Intanto arrivare e vedere la folla mi ha fatto un certo effetto… della serie “Hey, ma allora non sono l’unica ad amare follemente questo posto, guarda quanti siamo!!!”
Poi, vogliamo parlare della spiaggia ricoperta di neve, sotto un sole accecante? Una poesia!
Infine: la follia. Follia pura! Centinaia di persone seminude, travestite, agghindate in modi astrusi, tutte gioiosamente fuori di testa, tutte lì per un solo motivo: il bagno nell’oceano. Chi per farlo, chi per accompagnare amiciparenticonoscenti nell’impresa, chi per testimoniare la pazzia col sorriso ebete stampato sulla faccia soddisfatta – tipo me insomma. :D
Non so nemmeno come descrivere l’atmosfera, credo si possa capire solo immergendocisi! Immaginate soltanto il luna park che fa da cornice, la spiaggia smisurata mezza ricoperta di neve e mezza sommersa di corpi, alcuni nudi e altri completamente bardati da inverno, il sole in cielo che si riflette sul mare, qualche nativo che gironzola fra la gente con cartelli di protesta contro il progetto per rinnovare Coney Island (io sto con loro, tutta la vita!), gente che corre da tutte le parti esibendo orgogliosa il cartello con scritto “I DID IT”, i gabbiani che volano e in sottofondo il rumore di tante, tantissime e genuine risate, miste a musica che esce da enormi casse (davanti a cui ovviamente c’è gente che balla).
Nota che mi ha fatto un sacco piacere: da Ruby’s, uno dei locali storici e più famosi di Coney Island, nonché l’unico aperto sul lungomare, non servivano alcoolici di alcun tipo. Ok, mettiamo che qualcuno se li fosse portati da casa… ma per la maggior parte, quelle risate erano risate vere. Era ubriachezza interiore, allegria DOC, data dal solo fatto di essere lì.
E anche stavolta, pur essendo da sola non mi sono sentita affatto tale. Mi sono sentita parte del tutto, oggi più che mai. [A dirla tutta non ero veramente, completamente sola. C’era un guerriero insieme a me, inciso sopra una panchina, che mi ha fatto compagnia pur essendo invisibile e che spero un giorno possa ricongiungersi in prima persona con questo suo habitat naturale.]
Coney Island è magica, come Central Park. In mezzo a tutti quei pazzi felici stavo perfettamente bene, e ho di nuovo ringraziato per aver potuto inaugurare l’1/1/11 con un po’ di sana follia.

In fin dei conti, il mio 2011 non è iniziato poi così male… anzi! Se è vero che ciò che si fa a Capodanno lo si farà per tutto l’anno, ci metto la firma! :D

Per non farmi mancare niente, sul treno di ritorno ho incontrato un ragazzo che avrà avuto 20 anni e che stava intrattenendo un discorso lungo e complesso con la custodia della sua chitarra… della serie, only in New York!

P.S.: come sempre, trovate le testimonianze fotografiche sul mio album su facebook